Le autorità cinesi approvano con riserva i termini dell’accordo da 35 miliardi di dollari dando tuttavia il via libera ad una delle più grandi acquisizioni di sempre nel settore dei semiconduttori.
L’amministrazione statale cinese per la regolamentazione del mercato ha rilasciato giovedì una dichiarazione nella quale, di fatto, dà il via libera all’accordo raggiunto nell’ottobre 2020 tra AMD e Xilinx. Le due società avevano già ricevuto l’approvazione dalle autorità garanti della concorrenza dei principali mercati mondiali.
Il regolatore antitrust cinese ha subordinato il proprio assenso al fatto che la nuova società mantenga o espanda gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo in Cina riguardanti le principali tecnologie delle due aziende; inoltre la nuova società dovrà continuare a garantire le forniture ai clienti cinesi a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie.
Queste condizioni si applicheranno per almeno sei anni dalla data della fusione e la nuova società dovrà riferire ogni sei mesi alle autorità cinesi su questi aspetti.
Sempre giovedì, subito dopo l’approvazione da parte delle autorità cinesi, AMD e Xilinx hanno affermato che contano di chiudere l’accordo entro il primo trimestre dell’anno, dopo l’ultima, formale, approvazione del governo degli Stati uniti. L’anno scorso le due società avevano dichiarato che avrebbero posticipato la data di chiusura dell’accordo – previsto inizialmente per la fine del 2021 – al primo trimestre del 2022 a causa dei ritardi nell’approvazione di alcune autorizzazioni, tra cui quella cinese.
Con l’acquisizione di Xilinx, AMD potrà competere ad armi pari nel business dei data center con Intel, aggiungendo la tecnologia FPGA di Xilinx all’ecosistema di CPU e GPU già in suo possesso.
Ricordiamo che Intel aveva acquistato nel 2015 Altera, società che controllava insieme a Xilinx il mercato mondiale degli FPGA.
Oltre che nei data center, i dispositivi programmabili FPGA rivestono un ruolo importante nelle infrastrutture 5G, nella strumentazione e nei sistemi avanzati per uso aerospaziale e militare.
Il forte peso dell’antitrust cinese nel panorama elettronico globale deriva dalle dimensioni del mercato cinese dei semiconduttori, il primo al mondo con importazioni di oltre 300 miliardi di dollari, pari a circa la metà della produzione mondiale di chip. In Cina, inoltre, sono presenti tutte le principali aziende globali di semiconduttori, non solo con reti commerciali, ma anche con centri di ricerca e sviluppo, joint venture, e accordi di fornitura con alcune foundry e con aziende per il test e l’assemblaggio dei chip.
Negli ultimi anni l’autorità cinese di regolamentazione del mercato ha avuto un ruolo chiave in alcune importanti operazioni di M&A, ad esempio, nella bocciatura dell’accordo di acquisizione di NXP Semiconductors da parte di Qualcomm, mentre la stessa autorità ha approvato alcuni mesi fa l’acquisizione del business delle memorie Flash di Intel da parte di SK Hynix.
Tra i dossier attualmente in esame, quello relativo all’acquisizione di Arm Holding da parte di NVIDIA per 40 miliardi di dollari, che anche il regolatore cinese sembra intenzionato a bloccare, dopo le riserve avanzate dalle autorità antitrust di altri paesi e le proteste di alcune aziende di primissimo piano come Qualcomm, Google, Microsoft e altre ancora. Addirittura alcuni mesi fa la Federal Trade Commission degli Stati Uniti ha fatto causa a NVIDIA per bloccare l’acquisizione.
Pochi giorni il sito di Bloomberg ha diffuso la notizia che la stessa NVIDIA avrebbe deciso di gettare la spugna.