venerdì, Novembre 22, 2024
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Ricavi e utili in calo per Intel nel primo trimestre 2021

Intel ha diffuso ieri sera i risultati del primo trimestre 2021 che evidenziano vendite sostanzialmente invariate e un leggero calo degli utili.

Un risultato che potrebbe essere considerato positivo in altri periodi, non certo in questo momento, con tutti i produttori di semiconduttori che stanno registrando incrementi delle vendite a due cifre. Micron ha chiuso l’ultimo trimestre con ricavi in aumento del 29,9%, TSMC del 16,7% e NVIDIA addirittura del 61%.

La fortissima richiesta di semiconduttori che sta interessando tutti i mercati, dall’auto ai PC agli smartphone, sta facendo lievitare le vendite e gli utili di tutti i produttori globali. L’unica azienda a restare al palo è proprio Intel, nonostante i numeri di questo trimestre siano leggermente migliori di quanto previsto dagli analisti. Merito del nuovo CEO Pat Gelsinger al timone della società da febbraio? Probabile.

Sicuramente la nomina di Pat Gelsinger è stata accolta favorevolmente dagli investitori che hanno premiato il titolo con un incremento di circa il 30% dall’inizio dell’anno, la migliore performance tra tutti i produttori di semiconduttori. Questa apertura di credito nei confronti della società si scontra tuttavia con l’incapacità di Intel di rispondere sul piano tecnologico e strategico alle sfide che gli stanno lanciando i suoi competitor, vecchi e nuovi.

Aveva iniziato nell’autunno dell’anno scorso Apple, con i suoi processori per laptop Silicon M1, che stanno prendendo il posto delle CPU di Intel nei PC prodotti dalla Casa di Cupertino. Da parte di AMD era poi arrivato l’attacco ai processori per server con l’introduzione della serie EPYC, da tutti ritenuta superiore ai prodotti di Intel. Infine, pochi giorni fa, ci si è messa pure NVIDIA con il nuovissimo processore Grace, basato su tecnologia Arm, che promette di surclassare i chip di Intel quando si tratta di sfruttare le potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale.

E se sul piano tecnologico Intel non è messa benissimo, su quello strategico le cose vanno ancora peggio. Poche settimane fa, infatti, il CEO Pat Gelsinger ha annunciato il cosiddetto Piano IDM 2.0, un potenziamento delle capacità produttive della società con il programma di Foundry Services per competere con le fonderie a contratto più avanzate del mondo. Per riuscire nell’intento, Intel ha annunciato la costruzione di due nuove Fab in Arizona con un investimento di 20 miliardi di dollari.

L’annuncio arriva quando Intel non è ancora riuscita a risolvere completamente i problemi produttivi del suo nodo di processo a 7 nm, mentre Samsung e TSMC sono da tempo in produzione con nodi a 5 nm e TSMC inaugurerà nel 2022 una fabbrica dedicata interamente alla produzione con processo a 3 nm.

Non solo. La stessa TSMC ha annunciato investimenti per 100 miliardi di dollari nei prossimi tre anni per la costruzione di nuovi stabilimenti e lo sviluppo di processi sempre più avanzati.

Alcuni giorni fa, Morris Chang, il fondatore ed ex presidente di TSMC, commentando l’intenzione di Intel di voler offrire servizi di fonderia conto terzi ha definito “ironica” la politica di Intel che trenta anni fa non aveva voluto investire sul modello di business di TSMC. Chang ha anche sostenuto che gli ingegneri taiwanesi sono più professionali rispetto ai loro omologhi americani, arrivando addirittura ad affermare che “nessuno negli Stati Uniti è così dedito al proprio lavoro come a Taiwan“. Ed è questo sostanzialmente il motivo del successo di TSMC e della coreana Samsung, dove operano ingegneri con la stessa mentalità e capacità di quelli taiwanesi.

Secondo Chang, ma anche secondo molti analisti, lo spostamento del focus (e degli investimenti) di Intel verso l’aspetto produttivo rischia di sottrarre risorse alla ricerca di prodotto, senza peraltro riuscire a competere realmente con le fonderie globali più avanzate.

Tornando ai numeri, i ricavi (GAAP) nel trimestre sono stati di 19,7 miliardi di dollari contro i 19,8 dello stesso periodo di un anno fa, in calo dell’1%. Più consistente la diminuzione dell’EPS sceso da 1,31 a 0,82 dollari, il 37% in meno.

Il margine lordo è sceso di 5,4 punti, dal 60,6% al 55,2%. Nel primo trimestre Intel ha generato flussi di cassa operativi per 5,5 miliardi utilizzati in gran parte per remunerare gli azionisti col riacquisto di azioni proprie per 2,3 miliardi e con dividendi per 1,4 miliardi.

Per quanto riguarda la suddivisione dei ricavi, le vendite globali di PC nel trimestre hanno alimentato la vendita di processori per questo settore: il comparto Client Computing Group (CCG) è cresciuto del 38% in volume raggiungendo ricavi per 10,6 miliardi, in crescita dell’8% rispetto al trimestre di un anno fa. Questo settore rappresenta oggi il 59% delle entrate di Intel.

In calo del 20% le vendite del comparto DCG (Data Center Group), ovvero i processori e le forniture per data Center, che nel primo trimestre di un anno fa raggiunsero la cifra record di 6,99 miliardi di dollari contro i 5,6 miliardi del Q1 2021.

In crescita i ricavi del settore IoT e di Mobileye, la controllata di Intel che opera nel settore dei veicoli a guida autonoma e che ha registrato vendite per 377 milioni di dollari, in crescita del 48%.

Continua il calo del settore delle memorie (NSG, Non-Volatile Memory Solutions Group) e dei dispositivi programmabili (PSG, Programmable Solutions Group) che arretrano rispettivamente del 17% e del 6%.

Si tratta di un settore che darà sicuramente ulteriori grattacapi a Intel, dopo lo sfilamento di Micron dalla partnership per lo sviluppo della tecnologia di memoria 3D Xpoint annunciato a marzo con la vendita dello stabilimento Micron di Lehi, nello Utah, che smetterà di produrre questi chip.

Micron ha attualmente un accordo di fornitura con Intel che durerà fino alla fine di quest’anno. A questo proposito, Intel ha dichiarato che intende sviluppare le future generazioni di chip di memoria a marchio “Optane” in una delle sue fabbriche nel New Mexico.

Per quanto riguarda le previsioni per il prossimo trimestre, Intel si aspetta un fatturato di 18,9 miliardi rispetto ai 19,7 miliardi del Q2 2020, un margine lordo del 55% (53,3% nel 2020) e un EPS di 1,05 dollari (1,19 dollari nel 2020).

La società ha anche rilasciato le previsioni per l’intero 2021:

Intel prevede ricavi per 77 miliardi (erano 77,9 nel 2020), un margine lordo del 54,5% contro il 56% del 2020 e un EPS per azione di 4,00 dollari contro i 4,94 del 2020.

Previsioni non certo entusiasmanti ma che evidenziano una discreta tenuta dei conti in un difficile momento di transizione per la società.

Giovedì sera, dopo diffusione della trimestrale, il titolo Intel ha perso nel dopo borsa il 3% circa.