L’industria dei semiconduttori è sempre di più al centro dell’interesse della politica, dopo la carenza di microchip che ha caratterizzato l’ultimo anno e che ha provocato il blocco di alcune attività industriali. La più colpita è stata l’industria automobilistica, con un calo della produzione il cui valore, a livello globale, viene stimato in oltre 200 miliardi di dollari.
Per cercare di aumentare la produzione di semiconduttori, molti paesi hanno approvato – o stanno per farlo – consistenti aiuti alle imprese nazionali.
In Europa si sta discutendo sull’European Chips Act che dovrebbe vedere la luce l’anno prossimo mentre sono già disponibili i fondi dell’IPCEI (Progetti di Comune Interesse Europeo) pari a oltre 700 milioni di euro sbloccati con un decreto del MISE di quest’estate. Ci sono anche i 340 milioni di euro del PNRR per i progetti di innovazione tecnologica nell’ambito della microelettronica.
Nel nostro paese le aziende che producono semiconduttori sono solamente due: la multinazionale italo-francese STMicroelectronics che dispone di stabilimenti ad Agrate (MI) e Catania e LFoundry, un’azienda di Avezzano (AQ) controllata al 100% dai cinesi di Wuxi Xichanweixin Semiconductor.
Del paradosso di LFoundry ci siamo già occupati in un precedente articolo nel quale raccontavamo la storia travagliata di questa azienda, nata nel 1989 su iniziativa di Texas Instruments per la produzione di memorie ed ora di proprietà cinese.
Una storia ancora più paradossale alla luce del ricorso alla Golden Power da parte del Governo Daghi per bloccare l’acquisizione cinese di alcune aziende del settore, come la Lpe di Baranzate (MI) e, più recentemente, come Applied Materials Italia (già Baccini SpA) di Treviso.
Aziende decisamente più piccole di LFoundry che nel 2020 ha fatturato 176,78 milioni di euro con un utile di 13,70 milioni.
Per la cronaca, ricordiamo che l’acquisizione di LFoundry da parte di Wuxi Xichanweixin Semiconductor è avvenuta nel 2019 quando la legge che introduceva la Golden Power era già in vigore da tempo (è stata approvata nel 2012).
Nonostante un periodo di relativa tranquillità per l’azienda, i sindacati paventano un disimpegno della proprietà cinese, non prima di aver svuotato il sito di conoscenze, clienti e processi.
Pochi giorni fa, le organizzazioni sindacali, Fim, Fiom, Uilm, Failms e Rsu, sono ritornate alla carica con un documento durissimo dopo che l’azienda ha rinviato un tavolo di confronto che secondo gli accordi di ottobre, si sarebbe dovuto tenere a metà novembre, ma che, all’ultimo momento, la proprietà ha fatto slittare al 15 dicembre.
“Si era capito sin dal suo arrivo che il nuovo AD non gradiva affatto il confronto con i rappresentanti dei lavoratori, non perché le dinamiche sindacali vedono spesso momenti di stasi o di tensione che portano via tempo bensì perché, come i fatti dimostrano, non vuole gestire l’aspetto che richiede di rendere conto delle cose che fa ai lavoratori, alle loro famiglie e al territorio in cui l’azienda si trova.”
Inizia così la nota pubblicata dai sindacati sul sito Internet della Fiom della provincia dell’Aquila. Secondo i rappresentanti dei lavoratori tutte le attività strategiche hanno un orizzonte temporale brevissimo e la proprietà non riesce ad andare oltre le dichiarazioni di intento, soprattutto in sede istituzionale. Con il numero degli addetti che continua a diminuire: da quando si è insediata la nuova proprietà l’azienda ha perso 173 dipendenti, passati da 1483 unità a 1310. Un calo ancor più significativo tra le figure a più elevata professionalità. Prosegue così il comunicato sindacale:
“La responsabilità sociale d’impresa è soprattutto questo, peccato che qualcuno lo ignori volutamente.
Ad inizio ottobre abbiamo formalmente richiesto un incontro con la direzione aziendale e ci è stato proposto di vederci a metà novembre, a distanza di più di un mese. Qualche giorno fa è arrivata una rettifica: l’incontro viene posticipato a dopo il 15 dicembre ma la data effettiva verrà comunicata prossimamente. Nessuna indicazione sul perché di questo rinvio.
Probabilmente l’AD ritiene di non avere tempo da perdere con il sindacato che chiede e rivendica ma, tant’è, lo prevede la Legge, quella che non c’è, almeno in questa forma, in quel posto del mondo diventato fucina di uomini soli al comando, che lì vanno per poi tornare forti e prepotenti, uomini che sanno loro cosa fare.
Guardatevi intorno, quanti colleghi bravi e con tanta esperienza non ci sono più?
Ricordiamo ancora le parole del blasonato rappresentate della proprietà durante la presentazione della nuova società: potevamo costruire un nuovo fab in Cina, a costo zero, ma non avremmo avuto personale preparato, abbiamo scelto voi perché il bene più prezioso è il vostro know-how.
Allora perché le persone vanno via e non si fa nulla per farle rimanere, anzi, le si accompagna all’uscita in malo modo trattenendo loro i soldi del preavviso?
Nessuna controproposta a chi va via, zero assoluto, nessun piano per rimpiazzare il personale tecnico e chissà, forse quel denaro confluisce nei lauti bonus che circolano tra pochi eletti.
Abbiamo la sensazione che si voglia far morire questo posto per consunzione, non prima, ovviamente, di aver ottenuto gli utili prefissati.
In un mondo in pieno fermento per la difficoltà nel reperimento di dispositivi a semiconduttore, con aziende che siglano intese e si riposizionano sul mercato con forti investimenti, anche statali, noi navighiamo a vista, disinteressati a quanto accade, come se tali fenomeni non riguardassero il nostro mercato di riferimento, attenti solo a non avere legami…
Attenzione però, non dimentichiamo che in questa azienda abbiamo un discreto numero di dirigenti, ex azionisti ed ex AD che condividono le medesime responsabilità di chi guida, a loro tocca consigliare, assecondare ma anche controllare. Nessuno di costoro potrà dire non ho deciso io”.
In attesa di conoscere la data del confronto con la proprietà, la RSU di stabilimento ha indetto per la prima settimana fi dicembre una serie di assemblee con i lavoratori per discutere della situazione aziendale.