In questi giorni continuano ad arrivare i dati relativi all’andamento dell’economia cinese nel primo trimestre 2021. Il più recente, quello relativo al PIL – in aumento del 18,3% sullo stesso periodo dell’anno precedente – ha evidenziato l’ottimo stato di salute dell’economia del gigante asiatico e la sua capacità di riprendersi prontamente dagli effetti della pandemia.
Un altro dato che ha colpito gli analisti è quello relativo alle importazioni cinesi di semiconduttori che hanno raggiunto nel primo trimestre 2021 155,6 miliardi di unità, pari ad un valore di 93,6 miliardi di dollari. Ancora più forte è stato l’incremento nel mese di marzo 2021, durante il quale la Cina ha acquistato 58,9 miliardi di circuiti integrati per un valore di 35,9 miliardi di dollari.
Come noto, questo è uno dei pochi settori industriali, sicuramente il più importante, che vede la Cina dipendere fortemente dall’estero. Nonostante gli sforzi e gli investimenti profusi nel settore, attualmente la Cina è in grado di produrre appena il 15% dei chip di cui ha bisogno per le sue fabbriche di PC, automobili, elettrodomestici e dispositivi medicali.
Proprio per questo motivo, il 14° Piano quinquennale del PRC, approvato a fine 2020, pone al primo posto l’obiettivo dell’autosufficienza nella produzione di semiconduttori, destinando a questo scopo ingenti risorse finanziarie.
Tornando ai numeri, nel primo trimestre 2020 le importazioni di chip furono pari a 72,1 miliardi; nello stesso periodo del 2019 raggiunsero i 65,2 miliardi. L’aumento, dunque, è stato del 29,8% nel raffronto tra il primo trimestre del 2021 e quello del 2020, decisamente superiore al pur forte balzo del PIL cinese nello stesso periodo.
Evidentemente gran parte di questo aumento è da attribuire ad un incremento delle scorte più che ad un aumento della produzione. Questa pratica viene giustificata col timore di nuove sanzioni statunitensi nei confronti di altre aziende cinesi e di società estere che collaborano con la Cina nel settore dei semiconduttori, degli impianti di fabbricazione e dei materiali di produzione. Secondo alcuni, questa corsa all’accaparramento di chip è la ragione che ha portato alla recente carenza globale di semiconduttori che dal settore automobilistico si è rapidamente estesa ai prodotti consumer, come smartphone e PC, agli elettrodomestici e ai prodotti industriali.
È questa la tesi sostenuta recentemente da Eric Xu Zhijun, vicepresidente di Huawei Technologies, uno dei primi colossi cinesi ad essere stati colpiti dalle sanzioni americane: secondo Eric Xu Zhijun sono state proprio le sanzioni USA a scatenare l’incetta di chip – prevalentemente da parte di aziende cinesi – che ha portato all’attuale carenza globale.
In questo modo i grandi produttori cinesi intendono proteggersi dai rischi geopolitici ed essere pronti a cavalcare la ripresa economica mondiale attesa per il dopo-pandemia.
Altri osservatori sostengono invece che la carenza di chip è stata causata dalla maggiore richiesta di apparecchiature elettroniche durante la pandemia e all’impiego sempre più pervasivo di semiconduttori nelle automobili, nelle infrastrutture e negli impianti industriali. Probabilmente, ancora una volta, la verità sta nel mezzo.