Dopo un ritardo di 48 ore, un razzo Soyuz-2-1a ha messo in orbita il satellite di telerilevamento coreano CAS-500-1 e altri 38 tra minisatelliti, cubesat e nanosat alcuni dei quali destinati alla creazione di reti satellitari per l’IoT. Molti i satelliti italiani.
È partito alle 9:07 ora locale dalla base di Baikonur, in Kazakistan, il razzo Soyuz-2 la cui missione primaria era la messa in orbita del satellite CAS-500-1 sviluppato dall’Istituto di ricerca aerospaziale coreano, KARI, per l’imaging multispettrale ad alta risoluzione della superficie terrestre.
La campagna di preparazione del lancio è stata delegata alla società russa GK Launch Services.
La rimanente capacità di carico a bordo del razzo Soyuz è stata destinata alla messa in orbita di altri veicoli spaziali tra minisatelliti (8), cubesat (24) e nanosat (6).
In realtà i satelliti sono molti di più dal momento che piattaforme con l’italiana Unisat-7, considerata come un singolo satellite, contengono in realtà altri 6 nanosatelliti indipendenti.
Tra i satelliti lanciati dalla Soyuz ci sono anche alcuni piccolissimi satelliti destinati ad espandere le nascenti reti satellitari per IoT, come quella della britannica Lacuna Space. E come per i network IoT terrestri, la maggior parte di queste reti utilizzano per i collegamenti radio la tecnologia LoRa.
I quattro booster del primo stadio e poi il motore del secondo stadio hanno indirizzato il razzo verso nord ovest per realizzare un’orbita quasi polare inclinata di oltre 97 gradi verso l’equatore.
Il terzo stadio ha consentito il raggiungimento della velocità orbitale spegnendosi poco prima per evitare che anch’esso entrasse in orbita. Nel frattempo si erano staccate le protezioni del payload ed era stato acceso il motore del Fregat consentendo al veicolo di raggiungere un’orbita di parcheggio attorno alla Terra.
In queste ore il Fregat sta eseguendo una serie di manovre per entrare in tre diverse orbite sincrone solari. Alle 10:50 ora di Mosca è stato rilasciato il satellite CAS-500-1 in un’orbita di 498,7 chilometri con un’inclinazione di 97,40 gradi verso l’Equatore; subito dopo gli scienziati del KARI hanno confermato di aver stabilito un contatto con il satellite.
Il Fregat manovrerà quindi su un’orbita di 592 chilometri con un’inclinazione di 97,73 gradi per il rilascio dei quattro satelliti GRUS ed in seguito il veicolo si sposterà in un’orbita di 550 chilometri con un’inclinazione di 97,57 gradi verso l’Equatore per il rilascio, uno alla volta, degli altri satelliti.
Di seguito riportiamo l’elenco completo dei satelliti che stanno per essere rilasciati (clicca sull’immagine per ingrandire):
Tra i satelliti italiani che stanno per essere messi in orbita, c’è la piattaforma Unisat-7, sviluppata da GAUSS Srl, una piattaforma per il dispiegamento ad alta precisione di piccoli satelliti CubeSat.
Inoltre, il veicolo spaziale può funzionare come un dimostratore tecnologico in orbita flessibile e come trasmettitore RF per radioamatori di tutto il mondo. Unisat-7 porta anche un piccolo motore sperimentale chiamato Regulus. Durante la sua missione, il vettore Unisat rilascerà sei sub-satelliti:
- Unicorn-1, per la tecnologia per il preciso inserimento in orbita di piccoli satelliti di formato CubeSat, Germania.
- DIY-1, test del meccanismo di deorbiting e verifica della qualificazione spaziale delle celle radio e solari, Argentina;
- FEES, satellite per attività educativa e di ricerca scientifica, Italia;
- STECCO, satellite per la ricerca scientifica e per attività educativa, prova della tecnologia di controllo dell’assetto utilizzando il gradiente di gravità, Italia.
- SMOG-1, Satellite per la ricerca scientifica e per attività educativa, Ungheria;
- BCCSAT-1, Satellite per la ricerca scientifica e per attività educativa, Thailandia.
La Soyuz-2 ha portato in orbita anche il satellite SIMBA (System for Improved Monitoring of the Behavior of Animals) sviluppato da studenti e ricercatori del laboratorio S5Lab – Sapienza Space Systems and Space Surveillance Laboratory, coordinato da Fabrizio Piergentili del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale e da Fabio Santoni del Dipartimento di Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica della Sapienza, in collaborazione con la Machakos Universitye e la University of Nairobi kenyane.
Il satellite è stato concepito dalle tre università come un innovativo sistema di tracciamento che permetterà di monitorare la fauna selvatica nei parchi nazionali del Kenya e di studiare il comportamento degli animali. Obiettivo ultimo è quello di identificare soluzioni per limitare i pericoli legati al loro sconfinamento, come i gravi danni alle colture.
In particolare il dispositivo sarà in grado di ricevere la posizione e i dati sanitari degli animali, dotati di un collare, e di ritrasmetterli alle stazioni di terra, dove verranno elaborati con la collaborazione delle università kenyane partecipanti.
Tra i satelliti messi in orbita con l’ausilio della piattaforma Unisat-7, c’è STECCO (Space Travelling Egg-Controlled Catadiottric Object), un nanosatellite composto da 6 unità PocketQube (5x5x5 cm3) con una massa totale di 0,85 kg.
Il satellite è stato sviluppato dagli studenti del Master Speciale di Ingegneria Aerospaziale della Scuola di Ingegneria Aerospaziale (Sapienza, Università di Roma), che hanno progettato la struttura del satellite, implementato il software di volo, programmato il profilo di missione e gestito l’integrazione e il collaudo, sotto la supervisione dei professori e ricercatori della Scuola.
Nonostante le piccole dimensioni e la massa contenuta, STECCO contiene diversi sistemi avanzati realizzati ad-hoc, come i nuovi computer di bordo (OBC) POHEBE e il sistema di potenza (EPS) che verranno testati in volo. Il PocketQube è il primo ad essere equipaggiato con due riflettori a spigolo di cubo (CCR), che saranno adoperati per esperimenti di Satellite Laser Ranging, ed uno smorzatore passivo di tipo viscoso il cui scopo è quello di dissipare l’energia cinetica rotazionale del satellite, favorendone così la stabilizzazione per effetto del gradiente di gravità.
STECCO ha anche un digipeater radioham che è attivo di default e può essere raggiunto da qualsiasi radioamatore.
L’iniziativa mira al raggiungimento di obiettivi comuni di valorizzazione e diffusione della cultura scientifica in generale e di quella delle Scienze Aerospaziali in particolare, promuovendo l’interesse delle nuove generazioni per le discipline STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts and Mathematics) come concordato nel Memorandum d’intesa tra SIA e AMSAT Italia.
L’ultimo satellite italiano è il cubesat FEES (Flexible Experimental Embedded Satellite) un progetto nata dall’iniziativa di Laser Navigation e GP Advanced Projects; dopo tre anni di sviluppo, grazie anche alla collaborazione di CESI, Linkit srl, Brno University of Technology, e del Politecnico di Milano è stato realizzato il prototipo lanciato oggi.
Il cubesat FEES si basa su un microcontrollore STM32F4 con sistema operativo ChibiOS; il framework di sviluppo è derivato dal progetto open source Ardupilot. Come sensore, FEES utilizza un’IMU che incorpora giroscopi e accelerometri a 3 assi nonché un magnetometro a 3 assi.
Il sistema ha un sistema di assetto basato sull’utilizzo di magnetotorquer, che permettono il puntamento del cubesat nella direzione voluta per ottimizzare sia il puntamento dell’antenna di bordo che la telecamera sperimentale integrata nel satellite.
I dispositivi presenti a bordo sono i seguenti:
- Un esperimento (RadEX2) per la rilevazione della dose totale di radiazioni a cui è sottoposto il cubesat durante la sua permanenza in orbita, sviluppato grazie a Jiří Hofman dell’Università di Tecnologia di Brno.
- Un sistema SDR basato sulla piattaforma Rasperry PI, in grado di trasmettere messaggi in formato SSTV e DVB-S.
- Un sistema di telemetria LoRa tramite un modem di bordo appositamente progettato, in collaborazione con Linkit srl
- Un sistema di invio e ricezione di comandi e telemetria di base grazie a brevi messaggi scambiati tramite comunicazione satellitare Iridium.
Il progetto si propone di raggiungere i seguenti obiettivi primari:
- Qualificazione in orbita di un sistema di determinazione dell’assetto (cioè orientamento e velocità angolare). Il sistema di determinazione dell’assetto, insieme al sistema di controllo, è una delle componenti satellitari fondamentali e la base per una futura piattaforma commerciale.
- Qualificazione in orbita di ricevitori GPS commerciali, meno costosi dei ricevitori spaziali.
- Utilizzo della rete satellitare globale IRIDIUM per la ricezione dei dati, supportando le trasmissioni radio tradizionali. La rete IRIDIUM permette di inviare / ricevere dati in ogni parte del mondo, con pochi secondi di ritardo, senza dover essere in vista di una stazione di terra, con evidenti vantaggi per esigenze di allerta precoce (TBC).
- Sviluppo di una rete di stazioni di terra, per ricevere i dati di FEES. Per scaricare una grande mole di dati da un nanosatellite è ancora necessario fare affidamento su una rete di stazioni di terra che garantisca una copertura adeguata. Svilupparlo ora significa che sarà pronto per essere utilizzato dai nostri prossimi satelliti.
Il progetto prevede anche una serie di obiettivi secondati:
- Test di vari protocolli di trasmissione utilizzando la tecnologia digitale SDR (Software Defined Radio). Avendo a bordo uno specifico ricetrasmettitore è possibile modulare i segnali in modo da ottenere diversi vantaggi, come una maggiore distanza di trasmissione, o una maggiore velocità di download dei dati. Ciò consentirà di identificare la migliore soluzione per le future esigenze delle missioni. In questa attività FEES è supportato dalla comunità di radioamatori e sviluppatori.
- Scattare foto utilizzando una mini fotocamera. La miniaturizzazione permette di avere a bordo una telecamera che vede nello spettro visibile, scattando foto che possono essere utilizzate per l’imaging della Terra, ma anche di riprendere immagini delle stelle per determinare la posizione del satellite con opportuni algoritmi.
- Una piattaforma per i Makers e la comunità dei radioamatori.
- Grazie all’SDR basato su Raspberry Pi, il satellite è una piattaforma per sperimentare protocolli di trasmissione ancora non testati in applicazioni spaziali. La flessibilità della soluzione RPI consente alla comunità di codificare gli esperimenti in un ambiente familiare, aprendo la strada all’esecuzione di test.
Tra i satelliti per IoT messi in orbita, segnaliamo quello di Lacuna Space, società con sede nel Regno Unito e nei Paesi Bassi che fornisce connessioni globali a basso costo, facili e affidabili per sensori e apparecchiature mobili.
L’azienda fornisce un servizio di tracciamento e connettività a bassissimo consumo per brevi messaggi di dati basati sul protocollo LoRaWAN open source; il servizio funziona ovunque, consentendo alle aziende di raccogliere dati da sensori remoti o di monitorare lo stato delle risorse in movimento.
Vuole, invece, utilizzare la tecnologia 5G Sateliot, l’operatore di telecomunicazioni satellitari che prevede di lanciare una costellazione di nanosatelliti per democratizzare l’Internet of Things con copertura 5G.
L’azienda prevede di mettere in orbita 16 satelliti entro il 2022 e raggiungere i 96 entro il 2025, con un investimento di oltre 100 milioni di euro.
La Soyuz ha messo in orbita oggi il primo satellite della costellazione Sateliot, denominato 3B5GSAT, un minisatellite con una massa di circa 10 kg.
Sateliot è il primo operatore di telecomunicazioni via satellite per la connettività IoT globale che utilizza reti satellitari e terrestri con protocollo 5G; i satelliti funzioneranno come torri cellulari spaziali e saranno completamente “trasparenti” per l’utente e per i dispositivi IoT.
Il lancio odierno conferma come la riduzione delle dimensioni e dei costi dei satelliti, insieme all’ampia disponibilità di servizi di lancio a basso costo, stanno aprendo le porte delle applicazioni spaziali anche ad aziende piccole e piccolissime, un mercato accessibile sino a pochi anni fa solamente alle organizzazioni statali o alle multinazionali del settore.