giovedì, Novembre 21, 2024
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La crisi morde e Intel potrebbe ritardare la costruzione del mega-fab tedesco di Magdeburgo. Cosa succederà in Italia?

Alle prese con la grave crisi di vendite che ha ridotto l’utile al lumicino e ha costretto la società a tagliare drasticamente i costi, ridurre le spese per investimenti e mettere in programma addirittura dei tagli al personale (non ai dividendi), sembra ora che Intel abbia intenzione di ritardare la costruzione del mega-fab di Magdeburgo, in Germania, la cui costruzione dovrebbe iniziare nei prossimi mesi.

Ne dà notizia il quotidiano di Magdeburgo Volksstimme che pubblica un’intervista col portavoce di Intel Benjamin Barteder.

Nell’intervista, Barteder afferma che da quando è stata annunciata l’iniziativa molto è cambiato nel mondo, l’inflazione è schizzata alle stelle aumentando i prezzi delle materie prime e dell’energia e la domanda di semiconduttori, in particolare dei processori e delle memorie, è diminuita drasticamente.

“Le sfide geopolitiche sono diventate più grandi, la domanda di semiconduttori è diminuita e l’inflazione e la recessione stanno sconvolgendo l’economia globale. Ciò significa che non possiamo ancora dare una data definitiva per l’inizio della costruzione“, ha affermato Barteder.

Tutto vero, anche se Barteder non dice che i faraonici piani di espansione di Intel per i quali la società è andata in giro per il mondo a chiedere contributi pubblici sono stati messi a punto solo pochi mesi prima di un crollo senza precedenti delle vendite. Queste iniziative rischiano ora, a causa dell’oggettiva mancanza di risorse, di essere ritardate o addirittura annullate. Prevedere tutto ciò (un forte rallentamento del mercato dei processori/memorie) non è certo compito dell’uomo della strada o anche del giornalista che scrive di questi argomenti, ma del management della società sicuramente sì, oltretutto perché profumatamente remunerato (il CEO di Intel Pat Gelsinger ha guadagnato nel 2021 tra stipendio e bonus vari 179 milioni di dollari).

E che la scarsa capacità di prevedere il futuro abbia interessato anche manager di altre importanti società, non è motivo di consolazione. Che la crescita del mercato dei processori/memorie potesse continuare con lo stesso ritmo del periodo 2019/2021 ancora per altri anni era altamente improbabile, non foss’altro per la natura ciclica delle vendite di semiconduttori che da sempre caratterizza questo settore.

Dopo l’arrivo del nuovo CEO Pat Gelsinger, nel febbraio del 2021, tra l’estate dello stesso anno e la primavera del 2022, Intel ha annunciato una serie di iniziative, negli Stati Uniti e nel mondo intero, per espandere la propria capacità produttiva e per riuscire a fare un salto tecnologico senza precedenti e, addirittura, per iniziare un’attività di fonderia a contratto che avrebbe dovuto fare concorrenza alle principali foundry globali.

Per quanto riguarda le nuove iniziative produttive, a settembre dell’anno scorso Intel ha annunciato, e in parte dato il via, alla costruzione di due nuove fabbriche in Arizona per un investimento complessivo di 20 miliardi di dollari mentre a gennaio è stato annunciato un nuovo sito produttivo in Ohio, con un impegno di altri 20 miliardi.

Nel frattempo, Intel ha dato il via ai lavori di espansione del sito irlandese di Leixlip, dove sorgerà il primo impianto europeo in grado di fabbricare chip con nodo di processo a 7 nm, e dello stabilimento israeliano di Kiryat Gat.

Per quanto riguarda il resto dell’Europa, Intel ha annunciato la costruzione di un mega sito produttivo di chip in Germania, a Magdeburgo, per un valore complessivo di 17 miliardi di euro.

In Italia, la società ha annunciato a febbraio, rimanendo nel vago, un “potenziale investimento” fino a 4,5 miliardi di dollari per una fabbrica di packaging avanzato che avrebbe creato 1.500 posti di lavoro diretti e 3.500 nell’indotto, con l’inizio dell’attività fissato tra il 2025 e il 2027.

In Germania, per supportare l’industria nazionale dei semiconduttori, dove già operano colossi del calibro di Infineon, Bosch, Global Foundries, X-Fab, Texas Instruments, Siltronic e altre importanti aziende, il governo ha stanziato 14 miliardi di euro, di cui circa la metà sono destinati al fab di Magdeburgo di Intel per un contributo complessivo del 40% sul costo finale dell’impianto.

Ora, secondo quanto dichiarato da Benjamin Barteder, Intel afferma che il costo è lievitato a circa 20 miliardi di euro, e che il governo tedesco dovrebbe aumentare l’entità dei sussidi.

Un comportamento simile era stato adottato da Intel per l’iniziativa in Ohio quando l’azienda aveva minacciato di rimandare l’inizio dei lavori se il governo degli Stati Uniti non avesse approvato rapidamente il CHIPS Act.

Non è chiaro se questa richiesta sia reale o nasconda l’intenzione di ritardare o annullare il progetto.

Sicuramente non è un buon momento per Intel, con la società che si è trovata ad affrontare, da questa estate, un drastico e improvviso calo della domanda che ha praticamente azzerato l’utile. L’azienda ha quindi annunciato una importante azione per la riduzione di costi, con tagli sia agli investimenti che alle spese generali, mettendo in atto riduzioni di personale e congedi obbligatori non retribuiti.

A questo punto Intel rischia seriamente di non avere le risorse né per attuare gli investimenti annunciati, né per fare quel salto tecnologico che le consentirebbe di ritornare ad essere l’azienda leader del settore. Fortunatamente per Intel, anche i diretti concorrenti come AMD e NVIDIA sono alle prese con una importante crisi di vendite; c’è tuttavia da osservare che il modello di business di AMD e NVIDIA è decisamente più resiliente, senza il fardello di una manifattura particolarmente costosa e impegnativa.

Cattive notizie arrivano anche dal fronte dell’offerta di fonderia a contratto, dopo l’annuncio di TSMC di voler aprire un secondo impianto negli Stati Uniti per un investimento complessivo di circa 40 miliardi di dollari, e con società come Apple, AMD e Tesla che hanno già dichiarato di voler utilizzare i fab americani di TSMC per produrre i loro chip.

Qualcosa di simile sta forse maturando anche in Europa, con le voci sempre più insistenti di un possibile impianto di TSMC anche nel Vecchio Continente, oltre che negli Stati Uniti. E siccome i soldi sono tanti ma non bastano per tutti, non è escluso che il governo tedesco possa dirottare una parte dei finanziamenti verso TSMC qualora quest’ultima scelga la Germania per il suo impianto europeo.

Le conseguenze per l’Italia

L’annullamento del progetto tedesco di Intel darebbe il colpo di grazia all’ipotesi della costruzione di un impianto in Italia in quanto, nella visione di Intel, a Magdeburgo dovrebbe sorgere un impianto di front-end con capacità di fonderia avanzata (2÷10 nm) mentre nello stabilimento italiano dovrebbe svilupparsi l’attività di packaging necessaria per questo genere di semiconduttori avanzati.

Nell’ipotesi di un impianto europeo di TSMC, si tratterebbe di tecnologie meno spinte (si parla di nodi di processo di 14÷28 nm) dove il packaging riveste un ruolo meno importante, con TSMC che possiede le capacità per realizzare l’intero processo produttivo.

Siamo naturalmente nel campo delle congetture, e se a prima vista l’annullamento o il ridimensionamento dei piani tedeschi di Intel potrebbe apparire come un duro colpo per la volontà europea di raggiungere l’indipendenza tecnologica nel settore dei semiconduttori, qualcosa di positivo potrebbe restare. In particolare, la legge con uno stanziamento di 4,15 miliardi di euro a favore della microelettronica che il governo Draghi ha varato a marzo di quest’anno e che potrebbe essere utilizzata per favorire lo sviluppo delle aziende italiane del settore, in particolare di STMicroelectronics.

Quest’ultima potrebbe anche trarre vantaggio da un’eventuale iniziativa europea di TSMC. L’azienda taiwanese è infatti la principale fonderia utilizzata da ST per molti suoi prodotti (la società italo-francese realizza in outsourcing il 25-30% circa dei propri semiconduttori). Un impianto di TSMC in Europa potrebbe accorciare e rendere più sicura la catena di approvvigionamento dell’azienda italo-francese.