sabato, Novembre 23, 2024
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La Cina vieta l’utilizzo delle memorie di Micron nelle infrastrutture critiche del paese

La mossa arriva dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito le restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori nel paese e dopo che Micron e Samsung hanno annunciato nuovi investimenti in Giappone.

Dopo le restrizioni imposte dagli Stati Uniti all’esportazione di tecnologia avanzata per la fabbricazione di chip nei confronti della Cina, sanzioni che hanno colpito duramente anche il campione cinese delle memorie Yangtze Memory Technologies Corp (YMTC), la Cyberspace Administration of China (CAC), il regolatore della sicurezza informatica locale, ha vietato alle aziende cinesi che gestiscono le infrastrutture critiche (CII) del paese di utilizzare chip dal produttore di memorie statunitense Micron Technology, in una mossa che la maggior parte degli osservatori interpreta come una rappresaglia nei confronti delle sanzioni USA.

Anche il momento scelto per l’annuncio fa pensare che si tratti di una prima significativa contromossa cinese in risposta alle sanzioni americane. Il provvedimento è arrivato infatti dopo che Micron e Samsung hanno annunciato nuovi importanti investimenti in Giappone (anziché in Cina) e dopo che il tema del contenimento dello sviluppo tecnologico dell’industria dei semiconduttori cinesi era stato uno degli argomenti del recente G7 che si è svolto in Giappone e del precedente incontro tra il governo di Tokyo e i rappresentati delle principali aziende di semiconduttori di Taiwan, Stati Uniti e Corea del Sud.

Micron Technology, terzo produttore al mondo di chip di memoria, era stato messo sotto inchiesta dall’ente cinese alcuni mesi fa sulla base della “salvaguardia della sicurezza della catena di approvvigionamento delle infrastrutture informative critiche, della sicurezza informatica e nazionale”.

Ecco ora l’annuncio del CAC, che non ha specificato quali prodotti di Micron saranno interessati dal divieto, né ha condiviso dettagli sui problemi di sicurezza che l’impiego di tali chip comporterebbe.

Stiamo valutando la conclusione e considerando i nostri prossimi passi“, ha detto un portavoce di Micron “Non vediamo l’ora di continuare a impegnarci nelle discussioni con le autorità cinesi“.

Dal punto di vista economico il provvedimento avrà scarse conseguenze sul business di Micron, sia perché l’azienda ricava dalle vendite in Cina solamente il 10% delle proprie entrate, sia perché la maggior parte dei chip di memoria venduti nel paese del Dragone sono destinati al mercato consumer, in particolare ai produttori di smartphone, e proprio per questo non soggetti a sanzioni. Per lo stesso motivo, anche l’apparato produttivo cinese non subirà alcuna conseguenza da questa decisione.



Pur muovendosi col solito pragmatismo, è la prima volta che il governo di Pechino mette in atto una ritorsione ufficiale (per quanto non dichiarata) nei confronti delle restrizioni americane e occidentali.

Si tratta sicuramente di un salto di qualità nella strategia di ritorsione della Cina nei confronti degli USA e dei suoi alleati, che si articola in differenti campi d’azione, uno dei quali è proprio l’utilizzo degli enti normativi nazionali che vengono piegati alla volontà del potere politico anziché attenersi alle regole previste dalle norme internazionali.

Questo aspetto della strategia cinese prevede anche il blocco da parte delle autorità antitrust locali di quasi tutte le fusioni e le acquisizioni che coinvolgono aziende statunitensi del settore dei semiconduttori. La Cina intende inoltre limitare le attività delle società di consulenza americane che secondo il governo di Pechino sfruttano la loro presenza per raccogliere informazioni riservate sulle attività economiche delle aziende cinesi. Il più recente episodio di questa strategia riguarda l’irruzione delle forze di polizia cinesi nelle sedi dell’americana Capvision di Shanghai, Pechino, Suzhou e Shenzhen.

La reazione della Cina è diventata più aspra dopo che gli Stati Uniti  sono riusciti a convincere i governi di Giappone e Olanda a limitare ulteriormente l’accesso delle aziende cinesi alle apparecchiature avanzate per la produzione di chip prodotte da ASML, Nikon e Tokyo Electron che di fatto relega la produzione cinese di semiconduttori ai nodi maturi, dai 14÷28 nm in su.

Alla fine dello scorso anno, Micron ha ridotto la sua presenza in Cina chiudendo il suo centro di R&D di Shanghai dopo insistenti voci di fughe di informazioni sensibili; la società è attualmente presente in Cina con uffici vendite a Pechino, Shanghai e Shenzhen nonché con una fabbrica di confezionamento e test di semiconduttori a Xian.

Non è ancora chiaro se, e in che misura, i competitor locali e globali di Micron potranno trarre vantaggio da questa vicenda. Al momento, comunica Micron, “Le spedizioni dei prodotti, l’ingegneria, la produzione, le vendite e le altre funzioni di Micron stanno funzionando normalmente“.

Sostituire i chip prodotti da Micron, specie quelli più avanzati, non è possibile con i produttori locali che, proprio a causa delle sanzioni USA, non possono raggiungere il livello tecnologico delle memorie della multinazionale statunitense. In ogni caso, tra le società cinesi che potrebbero fornire prodotti alternativi a quelli di Micron ci sono YMTC, ChangXin Memory Technologies, Shenzhen Longsys e BIWIN Storage Technology Co.

È molto più probabile che a trarne vantaggio, specie per le memorie più avanzate, siano le sudcoreane Samsung Electronics e SK Hynix, che potrebbero essere autorizzate dalle autorità di Pechino a continuare la loro normale attività in Cina, anche per cercare di dividere in qualche modo la coalizione anti-cinese introducendo un elemento di attrito tra aziende e governi della Corea del Sud e degli Stati Uniti.

Alcuni analisti ritengono che l’indagine potrebbe interessare anche i clienti di Micron in Cina, che acquistano direttamente o indirettamente chip di memoria dalla società statunitense per l’utilizzo in prodotti come i server, considerati infrastrutture critiche (CII) dal governo di Pechino.

Se i prodotti Micron non superano la revisione della sicurezza informatica, gli operatori cinesi di CII non saranno in grado di acquistare prodotti Micron e potrebbero persino essere multati per gli acquisti effettuati in precedenza.

I primi sette clienti di Micron in Cina, sulla base dei dati di vendita sono Lenovo, Xiaomi, Inspur Electronics Information, ZTE, Coolpad, China Electronics Corp e Oppo.
Inspur e China Electronics Corp sono inserite da tempo nella Entity List del BIS americano.