Con la borsa americana chiusa per la celebrazione del Martin Luther King’s Day, lunedì 18 gennaio 2021 l’attenzione si è spostata verso i mercati asiatici ed europei.
Al centro dell’attenzione, in particolare, il mercato cinese la cui economia ha ripreso a crescere ai ritmi consueti, grazie all’aumento dei consumi interni ma anche in virtù dell’incremento delle esportazioni, in parte alimentate dalla pandemia.
Ieri è stato diffuso il dato relativo al PIL del quarto trimestre 2020 che fa segnare un incremento del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso; su base annua la crescita ha raggiunto il 2,3%, inferiore al previsto, ma che fa della Cina, tra le grandi economie, l’unica che è riuscita a crescere nell’anno appena finito.
La Banca Mondiale prevede che l’economia statunitense si sia contratta del 3,6% nel 2020, quella dell’eurozona del 7,4%, contribuendo a un calo dell’economia globale del 4,3%.
Ieri la borsa di Shanghai ha messo a segno un +0,84% continuando la costante crescita iniziata a marzo dello scorso anno, dopo la sconfitta della pandemia.
L’industria automobilistica soffre per la carenza di semiconduttori
Per quanto riguarda il mercato dei semiconduttori, continuano le segnalazioni di problemi di approvvigionamento a livello globale, specie per quanto riguarda l’industria automobilistica, con interruzioni della produzione in numerosi impianti. In Cina queste interruzioni hanno interessato, in particolare, gli impianti di Volkswagen e quelli di Toyota.
La casa automobilistica giapponese aveva interrotto le operazioni sulla sua terza linea presso GAC Toyota Motor, la joint venture con il gruppo cinese GAC con sede nella metropoli meridionale di Guangzhou. GAC Toyota ha informato inizialmente i fornitori locali che l’arresto sarebbe durato quattro giorni, ma l’azienda ha raggiunto in anticipo gli obiettivi di approvvigionamento di chip e dopo due giorni di stop agli impianti la produzione è ripresa.
Sempre per carenza di chip, la scorsa settimana Toyota ha comunicato che stava riducendo la produzione del camioncino Tundra in Texas; il gruppo sta valutando la possibilità di tagliare la produzione anche del SUV RAV4, insieme ad altri modelli.
La presenza cinese di Toyota include anche la joint venture FAW Toyota Motor. L’unità gestisce quattro stabilimenti di assemblaggio, nella città di Tianjin e nelle province di Sichuan, Jilin e Guangdong. FAW Toyota ha prodotto 730.000 veicoli nel 2019.
Anche Nissan Motor taglierà la produzione della sua ammiraglia Note di 5.000 unità a gennaio a causa di problemi di approvvigionamento di semiconduttori.
Per lo stesso motivo, Honda ha deciso di ridurre a gennaio la produzione della sua utilitaria Fit di 4.000 nello stabilimento della prefettura di Mie, in Giappone.
Le consegne di parti elettroniche da parte dei giganti del settore come Continental e Bosch sono sempre più in affanno per i ritardi di NXP, STMicroelectronics e Infineon.
Oggi un veicolo elettrico utilizza il doppio dei semiconduttori rispetto ad un veicolo tradizionale di pochi anni fa; dopo i primi mesi della pandemia, il rimbalzo della produzione di auto ha sorpreso un po’ tutti, con le aziende di semiconduttori sempre più in difficoltà per la contemporanea crescente domanda di chip per PC, laptop e smartphone innescata dal lavoro a distanza.
Il fornitore di componenti per auto Continental ha affermato che “ci vorranno forse sei mesi” prima che la fornitura di semiconduttori torni alla normalità.
I progressi dell’industria cinese dei semiconduttori
Sempre dalla Cina arriva la notizia della prima GPU per data center a 7 nm prodotta da una azienda locale. In realtà, il termine corretto sarebbe “progettata”, in quanto attualmente la Cina non dispone di impianti con questa tecnologia e la GPU è stata prodotta da una foundry straniera, presumibilmente dalla taiwanese TSMC.
L’annuncio arriva dall’azienda Shanghai Tianshu Zhixin Semiconductor Co., Ltd., meglio nota come Tianshu Zhixin, che ha presentato la sua GPGPU Big Island (BI) adatta per applicazioni AI e HPC in ambiti quali l’istruzione, la medicina e la sicurezza.
La GPU, che utilizza un’architettura proprietaria e impiega 24 miliardi di transistor, utilizza un nodo di processo a 7 nm e il packaging 2.5D CoWoS (chip-on-wafer-on-substrate).
Tianshu Zhixin ha avviato lo sviluppo della sua GPU nel 2018 ed ha finalizzato il tapeout nel maggio 2020. La produzione in volumi dovrebbe iniziare quest’anno.
Secondo l’azienda, la GPU – che supporta numerosi formati in virgola mobile tra cui FP32, FP16, BF16, INT32, INT16 e INT8 – offre prestazioni due volte superiori rispetto ai prodotti disponibili attualmente sul mercato. Ad esempio è in grado di raggiungere i 147 TFLOPS nel formato FP16, superando le prestazioni dell’Nvidia A100 (77,79 TFLOPS) e avvicinandosi a quelle della GPU Instinct MI100 di AMD (184,6 TFLOPS).
Un altro passo verso l’autosufficienza della Cina nel campo dei semiconduttori.
Su questo fronte, la settimana scorsa il principale produttore cinese di chip di memoria, Yangtze Memory Technologies, ha annunciato che nel 2021 raddoppierà la sua produzione di semiconduttori e inizierà a produrre anche chip avanzati in grado di competere con quelli di Samsung, Micron e SK Hynix.
Gli obiettivi di Yangtze, se raggiunti, rappresenterebbero il più importante passo avanti negli ultimi anni per le ambizioni della Cina di creare una vera e propria catena di fornitura nazionale di semiconduttori. La NAND è un componente cruciale per la memoria e l’archiviazione, utilizzata in quasi tutti i dispositivi informatici, dagli smartphone e PC ai server e alle auto connesse. Attualmente la produzione mondiale è controllata da pochi player globali.
Yangtze Memory, con sede a Wuhan, prevede di raddoppiare la sua produzione mensile di chip di memoria portandola a 100.000 wafer – circa il 7% della produzione globale totale – entro la seconda metà del 2021; per fare un paragone, Samsung Electronics, il più grande produttore mondiale di chip di flash NAND, produce circa 480.000 wafer al mese, mentre Micron, il più grande player statunitense, ne sforna circa 180.000 al mese.
Oltre ad incrementare la produzione dei chip attuali, Yangtze Memory sta anche accelerando il suo sviluppo tecnologico con l’obiettivo di sfidare Samsung e altri leader globali.
Yangtze Memory, che attualmente produce chip a 64 e 128 strati, è infatti pronta a mettere in produzione il primo chip di memoria flash NAND 3D a 192 strati già a metà del 2021. L’azienda ha anche introdotto l’anno scorso la sua prima unità di archiviazione a stato solido di livello consumer, chiamata Zhitai.
Prima di Yangtze Memory, la Cina non aveva un chipmaker interno in grado di produrre memoria flash NAND 3D. Il suo successo – a partire dalla produzione di chip a 64 strati nel 2019 – ha aiutato la nazione ad allentare la sua dipendenza di lunga data dai chip di memoria di fabbricazione straniera, sebbene gran parte degli strumenti di progettazione e dei materiali provengano ancora dagli Stati Uniti.
Yangtze Memory sta ampliando i propri impianti produttivi di Wuhan per riuscire in futuro ad aumentare l’attuale produzione di wafer fino a 300 mila unità da 12” al mese.
L’azienda ha messo a punto una propria tecnologia per la produzione di flash 3D NAND denominata Xtacking, per affrancarsi sempre di più dai brevetti stranieri.
Sebbene Yangtze Memory sia un’affiliata di Tsinghua Unigroup, che sta affrontando un grave problema di debito, l’azienda gode di un fortissimo sostegno statale ed ha ricevuto fondi dalla prima e dalla seconda fase del China Integrated Circuit Industry Investment Fund, il cosiddetto Big Fund, il più importante programma di finanziamento di chip del paese.
L’azienda è forse quella che recentemente ha dato il maggior contributo alle ambizioni cinesi di costruire una propria industria dei semiconduttori.
Tra i principali clienti di Yangtze Memory c’è anche Huawei che sta aumentando gli investimenti in società di chip locali per cercare di mitigare gli effetti delle sanzioni americane.
Huawei ha acquisito nell’ultimo anno e mezzo partecipazioni in 20 società legate ai semiconduttori, nell’ambito degli strumenti di progettazione di chip, dei materiali e delle apparecchiature di packaging e collaudo.
Huawei Technologies sta anche costruendo silenziosamente una linea di produzione di chip su piccola scala per scopi di ricerca a Shenzhen, la città dove ha la sede.
Sul fronte degli investimenti, Huawei è in trattative con SiEn (QingDao) Integrated Circuits, un produttore di chip fondato nel 2018; l’investimento fornirebbe a Huawei l’accesso a un’ampia gamma di servizi di sviluppo di chip.
Huawei ha intensificato le sue attività di investimento principalmente attraverso Hubble Technology Investment, la sua venture capital interamente controllata e con un capitale versato di 417 milioni di dollari. La divisione è stata avviata nell’aprile 2019, un mese prima che Washington aggiungesse Huawei alla lista nera che limitava l’accesso alla tecnologia americana. Da allora, Hubble ha effettuato investimenti strategici in almeno 25 società tecnologiche cinesi, di cui 20 legate ai semiconduttori.
Dei 25 investimenti, 18 sono stati effettuati nel 2020. Dieci sono stati effettuati dopo che il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti in agosto ha ulteriormente inasprito le regole di controllo delle esportazioni per limitare anche alle aziende non statunitensi l’utilizzo della tecnologia americana per supportare l’azienda cinese.
Gli investimenti hanno interessato prevalentemente il settore dei semiconduttori per comunicazione come chip a radiofrequenza, chip analogici e chip d’antenna. Molte di queste società sono già quotate, altre lo diventeranno a breve.
3Peak, con sede a Suzhou, ha debuttato nello STAR di Shanghai – la versione cinese del Nasdaq – lo scorso settembre, quattro mesi dopo che Hubble ha acquisito una partecipazione del 6% nella società. Fondata nel 2012, 3Peak è focalizzata sullo sviluppo di chip analogici, sull’esempio di Analog Devices negli Stati Uniti.
CaiQin Technology, che produce filtri RF e sviluppa chip d’antenna, in cui Hubble possiede una quota del 4,58%, prevede di entrare nello STAR a breve.
La quota di capitale di Huawei nelle società tecnologiche cinesi varia dal 3% al 15%, sulla base dei dati attuali. Il suo investimento più recente è avvenuto alla fine di dicembre, quando ha acquistato una partecipazione del 15% in NineCube, un produttore cinese di strumenti per la progettazione di chip fondato nel 2011 a Wuhan. Gli strumenti di progettazione dei chip (EDA) sono fondamentali per le aziende che sviluppano chip. Il mercato degli strumenti avanzati di progettazione di chip è controllato da una manciata di aziende, due delle quali – Synopsys e Cadence Design Systems – sono americane. Il dominio degli Stati Uniti in questo campo rappresenta un grosso ostacolo alle ambizioni di Huawei e della Cina.
Le sanzioni americane hanno colpito duramente soprattutto HiSilicon Technologies, l’azienda di punta di Huawei e dell’intera Cina nella progettazione di semiconduttori, i cui design non possono più essere prodotti a causa delle limitazioni cui sono soggetti i fornitori esterni, ad iniziare dalla foundry TSMC.
HiSilicon ha al proprio attivo progetti avanzati come quello dei processori mobili Kirin di fascia alta utilizzati negli smartphone premium di Huawei, nonché di processori di rete e server per le stazioni base. HiSilicon era anche il più grande fornitore di chip per telecamere di sorveglianza al mondo e sviluppatore leader di chip per TV.
Gli investimenti di Huawei includono anche società locali che forniscono materiali per semiconduttori, come SICC e Tankeblue Semiconductor, che producono carburo di silicio, nonché fornitori di impianti per la produzione di chip come Shenzhen Skyverse e Ningbo Allsemi Microelectronics Equipment. Entrambi i campi sono dominati da società statunitensi e giapponesi come Applied Materials, Lam Research, KLA, 3M, Dow Dupont, Tokyo Electron e Shin Etsu Chemical.
Gli sforzi del gigante cinese per rafforzare la sua catena di fornitura di chip sono in linea con l’obiettivo di Pechino di raggiungere l’autosufficienza nei semiconduttori, un campo di battaglia chiave della guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina.
Tra le altre iniziative di Huawei, quella di vendere il suo marchio di smartphone a basso costo Honor lo scorso novembre.
Buone notizie anche per SMIC, la più avanzata foundry cinese, che alla borsa di Hong Kong continua il rally iniziato da un paio di settimane: ieri il titolo è schizzato del 5,79% a quota 29,25 HKD. La speranza è quella di un allentamento delle restrizioni USA e di un rinnovato sostegno finanziari da parte di Pechino.
Anche l’indice generale della borsa di Hong Kong guadagna l’1,01% con il titolo Xiaomi che recupera il 2,05% dopo il crollo di venerdì dovuto all’inserimento dell’azienda nella black list americana.
Condannato per corruzione il vicepresidente di Samsung
Decisamente negativa la borsa coreana (-2,33%) con Samsung che perde il 3,41% dopo la conferma della condanna a due anni e mezzo di carcere del suo vicepresidente Lee Jae-yong per corruzione e appropriazione indebita. Il rampollo del più grande conglomerato della Corea del Sud è stato arrestato in tribunale subito dopo la sentenza.
La Corte Suprema di Seoul ha stabilito che Lee deve scontare 30 mesi di prigione per aver utilizzato fondi aziendali per pagare una tangente di 8,7 miliardi di won (7,8 milioni di dollari) all’ex presidente sudcoreano Park Geun-hye e alla sua amica Choi Soon-sil nel 2015.
Lee ha già scontato un anno di prigione per queste accuse. È stato liberato nel 2018 dopo che una corte d’appello aveva sospeso la pena detentiva di due anni e mezzo; ieri la Corte Suprema ha annullato questo provvedimento rimandando in prigione Lee.
“È molto deplorevole che Samsung, la società più grande e innovativa del nostro paese, sia coinvolta in crimini di questo genere.” ha affermato uno dei giudici.
La sentenza arriva pochi giorni dopo che la Corte Suprema ha confermato la pena detentiva di 22 anni di Park per aver accettato tangenti da Samsung e altri conglomerati insieme alla sua amica Choi.
La corte ha riconosciuto gli sforzi di Samsung per migliorare la sua governance ma non li ha considerati una ragione valida per giustificare una riduzione della pena per Lee.
In controtendenza rispetto a Samsung e all’indice generale, guadagna quasi il 2% il titolo SK Hynix dopo che Garner ha confermato l’azienda coreana al terzo posto nella classifica globale per il 2020, segnalando anche un incremento del fatturato anno su anno del 13,3%, a quota 25,2 miliardi di dollari.
SK Hynix ha anche comunicato venerdì di aver emesso un “green” bond del valore di un miliardo per finanziare le proprie iniziative di carattere ambientale. Le nuove risorse serviranno a finanziare progetti relativi alla gestione della qualità dell’acqua, al miglioramento dell’efficienza energetica, alla prevenzione dell’inquinamento e al ripristino dell’ambiente.
Da segnalare, anche, per quanto riguarda il mercato coreano, l’avanzata di DI Corp. che produce apparecchiature per l’ispezione dei semiconduttori e che, dall’inizio dell’anno, ha guadagnato il 15% circa.
Chiude praticamente in parità la borsa di Taiwan (-0,03%) mentre avanzano entrambe le due foundry globali TSMC (+1%) e UMC (+1,85%).
In calo, invece, l’indice giapponese NIKKEI 225 che perde lo 0,97% nonostante il momento positivo delle aziende giapponesi del comparto dei semiconduttori alimentato dalla crescente domanda di chip.
Le azioni di Tokyo Electron hanno guadagnato il 14% dall’inizio dell’anno, toccando il massimo storico. Il principale fornitore giapponese di apparecchiature per la produzione di semiconduttori prevede un aumento del 15% delle entrate a 1,3 trilioni di yen (12 miliardi di dollari) per l’anno fiscale in corso.
Advantest, che produce apparecchiature di prova per semiconduttori, ha guadagnato il 14%, Renesas Electronics addirittura del 19%, Rohm di quasi il 14%.
Proprio Rohm ha inaugurato ieri un nuovo immobile destinato alla produzione di dispositivi al carburo di silicio (SiC).
Tra le altre notizie riguardanti l’industria dei semiconduttori, le trattative in corso per l’acquisto del produttore di laser Coherent da parte di Lumentum Holdings che darebbe vita ad un colosso nel campo della fotonica i cui prodotti trovano innumerevoli applicazioni, dalla chirurgia dell’occhio alla produzione di semiconduttori.
Lumentum, con sede a Milpitas, California, produce principalmente componenti ottici utilizzati nella trasmissione dati, dai data center ai cavi sottomarini. Alla chiusura di borsa di venerdì l’azienda capitalizzava 8 miliardi di dollari.
Coherent, con sede a Santa Clara, in California, produce laser e prodotti correlati utilizzati in apparecchiature mediche e scientifiche, applicazioni industriali e produzione di semiconduttori. Ha un valore di mercato di circa 3,7 miliardi di dollari.
Secondo indiscrezioni, le trattative sono in fase avanzata con un accordo dato per certo entro questa settimana.
In Europa guadagna molto il titolo Infineon Technologies (+2,79% a quota 34,61 Euro) sulla spinta del mercato automotive; più modesto il guadagno si STMicroelectronics che sale dello 0,43% a quota 33,07 Euro.
Alla borsa di Milano avanza anche il titolo Prysmian (+1,19%) dopo le perdite dei giorni scorsi. Da segnalare, infine, l’esordio di Stellantis, società nata dalla fusione tra FCA e Peugeot, che esordisce con un promettente, per il futuro dell’azienda, +7,5% a quota 13,52 Euro.