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GlobalFoundries imbocca la strada dell’IPO smentendo le voci su un possibile acquisto da parte di Intel

Immagine: GlobalFoundries

In un comunicato ufficiale del 4 ottobre, GlobalFoundries, il terzo più importante produttore a contratto di semiconduttori (foundry) al mondo, ha annunciato di aver depositato presso la SEC statunitense il prospetto relativo alla proposta di offerta pubblica iniziale (IPO) delle proprie azioni ordinarie. Il numero di azioni ordinarie da offrire e la fascia di prezzo per l’offerta proposta non sono ancora stati determinati.

Questo comunicato sembra porre fine alle voci di un possibile interessamento da parte di Intel, voci alle quali – in verità – quasi nessuno aveva creduto.

Il prospetto mette in luce anche il reale stato di salute di GlobalFoundries che, nell’ultimo bilancio annuale disponibile, quello del 2020, evidenzia un fatturato di 4,85 miliardi di dollari con una perdita netta di 1,35 miliardi.

Quello delle fonderie è da sempre un mercato molto difficile, con una forte necessità di capitali per riuscire ad emergere e fare utili. Tuttavia, le società che sono riuscite a costruire nel tempo un solido ecosistema, focalizzandosi su specifiche aree di mercato, come i campioni taiwanesi e coreani, sono riuscite a fare utili anche nei periodi meno felici per l’industria dei semiconduttori, con guadagni e fatturati schizzati alle stelle durante i periodi di forte domanda come quello attuale.

Ad onor del vero, anche GlobalFoundries ha incrementato del 13%, a quota 3,04 miliardi di dollari, i ricavi durante i primi sei mesi di quest’anno, riducendo di molto le perdite (scese nel semestre a 157 milioni di dollari).

Nello stesso periodo, tuttavia, TSMC ha fatturato 24,46 miliardi di dollari con un utile netto di 9,1 miliardi, UMC ha registrato vendite per 3,36 miliardi di dollari con un utile netto di 758 milioni di dollari e la cinese SMIC ha fatturato 2,5 miliardi di dollari con un utile netto di 847 milioni. Per non parlare di Samsung, i cui risultati sono anch’essi in forte crescita, anche se per questa società risulta sempre difficile quantificare  le pure attività di fonderia in conto terzi rispetto all’utilizzo degli impianti per la produzione di chip propri.

GlobalFoundries nasce nel 2008 a seguito della decisione di AMD di scorporare l’attività produttiva (in forte perdita) per diventare una società fabless; a prendersi carico dell’iniziativa è Mubadala, il fondo sovrano del governo di Abu Dhabi. Un anno dopo entra a fare parte della società il grande impianto di Singapore di Chartered Semiconductor, acquistato per 3,9 miliardi, ancora oggi il più importante del gruppo con una capacità pari a circa il 50% del totale dei chip prodotti da Global Foundries. Una capacità destinata ad aumentare ancora, dopo l’entrata in funzione di Fab 9, attualmente in costruzione nel sito di Singapore, con un investimento di quasi 4 miliardi di dollari. Al termine dei lavori, il nuovo impianto avrà una capacità di circa 450 mila wafer/12” equivalenti all’anno.

Nel 2014, IBM, in forte difficoltà dal punto di vista produttivo, cede la sua attività di fonderia, con i relativi impianti, a GlobalFoundries, versandole anche 1,5 miliardi di dollari a fronte di un impegno decennale per la fornitura delle CPU per server realizzate con le tecnologie più avanzate, in particolare con il nodo di processo a 10 nm in fase di sviluppo. Successivamente GlobalFoundries, col consenso di IBM, abbandona lo sviluppo del nodo a 10 nm per passare direttamente a quello a 7 nm, nel tentativo di competere con le fonderie più avanzate, TSMC e Samsung. Il tentativo fallisce costringendo la società a concentrarsi sulla produzione di nodi meno performanti, dai 14 nm in su. Questo rovinoso fallimento manda su tutte le furie IBM che è costretta a rivolgersi ad altre fonderie (Samsung) per le sue esigenze e che avvia una causa legale nei confronti di GF alla quale chiede la restituzione del miliardo e mezzo versato a suo tempo più un altro miliardo per danni.

Questo non è l’unico fallimento di un’iniziativa di GlobalFoundies: alcuni anni fa la società si è impegnata a costruire una fabbrica da 10 miliardi di dollari a Chengdu, in Cina, che non ha mai visto la luce. La cancellazione di questo progetto, destinato alle tecnologie FDX (Fully depleted silicon-on-insulator) ha prodotto una perdita di 34 milioni di dollari.

É stato calcolato che l’investimento di Mubadala nel business delle fonderie sia costato al fondo di Abu Dhabi complessivamente (tra acquisizioni e perdite) circa 22,4 miliardi di dollari; non a caso si vocifera che Mubadala spera che la società venga valutata non meno di 25 miliardi di dollari, cifra da molti ritenuta troppo alta. Anche perché recentemente GlobalFoundries ha venduto, o sta vendendo, alcuni importanti “gioielli di famiglia”, come la fabbrica da 300mm East Fishkill di New York (eredità IBM) a On Semiconductor per 430 milioni di dollari, e il business ASIC a Marvell per 650 milioni di dollari. GlobalFoundries è anche uscita dal mercato dei MEMS vendendo a Vanguard International Semiconductor (VIS) per 236 milioni di dollari l’impianto Fab 3E di Tampines (Singapore).

Tutte dismissioni che hanno avuto come effetto un calo del fatturato e solamente una lieve riduzione delle perdite.

La società ha giustificato le cessioni con la necessità di finanziare l’ammodernamento degli impianti di Dresda e di Malta (Stato di New York). Per lo stabilimento di Malta, dove la società ha recentemente spostato il suo quartier generale, GlobalFoundries prevede un investimento di un miliardo di dollari circa; anche per il sito tedesco è previsto un investimento simile.

A proposito di finanziamenti, c’è da segnalare che GlobalFoundries ha ricevuto negli ultimi tre anni sovvenzioni governative per 698 milioni di dollari per la realizzazione di nuovi impianti e per sostenere le attività di ricerca e sviluppo.

Aiuti che non sembrano aver sortito significativi effetti, visti i bilanci degli ultimi anni delle società, tutti in perdita.

Va segnalato anche che, nonostante i finanziamenti governativi, la società ha ridotto le spese di R&S, scese dai 926 milioni di dollari del 2018 ai 476 milioni del 2020.

Secondo molti analisti, la società vale decisamente meno dei 25 miliardi ipotizzati dalla proprietà, a causa principalmente di una cattiva gestione e di comportamenti non sempre limpidi e coerenti.

L’esempio della vicenda IBM (con un contenzioso in corso che pesa come una spada di Damocle sulla società) ne è un esempio, così come la cessione di asset che potevano essere valorizzati diversamente.

Ma la cosa che stupisce maggiormente è il sottoutilizzo degli impianti, specie in un periodo di forte domanda come questo. Mediamente il tasso di utilizzo degli impianti di GlobalFoundries è stato dell’84% nel 2020 quando, nello stesso periodo, il livello è stato pari al 95% in UMC e SMC, per citare due fonderie dello stesso peso, con TSMC che ha dichiarato che quest’anno ha raggiunto un tasso di utilizzo record pari a quasi il 100%.

Agli analisti non sono piaciuti anche alcuni “aggiustamenti” contabili, come l’allungamento del piano di ammortamento degli impianti da 5 a 8 anni, che ha ridotto notevolmente il costo dei ricavi, incrementando l’utile operativo.

Anche le manovre di lobbying tese ad appoggiare le politiche autarchiche americane ed europee nel settore dei semiconduttori sono viste solo come una manovra per ricevere finanziamenti governativi. A questo proposito, in molti fanno notare che i maggiori investimenti della società sono stati destinati agli impianti di Singapore dove, quando verrà ultimato l’impianto Fab9, GlobalFoundries produrrà i 2/3 dei propri chip.

Nonostante ciò, GlobalFoundries rimane un protagonista di primo piano nel panorama delle fonderie a contratto, occupando il terzo o quarto posto nella classifica delle top ten.

La società è leader nelle soluzioni RF Silicon-on-Insulator per le comunicazioni, nelle soluzioni Fully Depleted Silicon-on-Insulator (FD-SOI/FDX), nei dispositivi Silicon Germanium (SiGe) e nei dispositivi Silicon Photonics (SiPh). A differenza di UMC e SMIC, GlobalFoundries ha anche una piattaforma FinFET.

I principali clienti includono AMD, Qualcomm, MediaTek, NXP, Qorvo, Cirrus Logic, Skyworks, Murata, Samsung e Broadcom, con AMD che resta il primo cliente tallonato da vicino da Qualcomm; grazie anche al periodo favorevole, la società ha attualmente in portafoglio ordini per 19,5 miliardi di dollari per i prossimi anni.

Non resta che aspettare per vedere come il mercato accoglierà l’IPO di GlobalFoundries.