giovedì, Novembre 21, 2024
HomeAZIENDEAttualitàÈ arrivato il grande giorno della quotazione di ARM

È arrivato il grande giorno della quotazione di ARM

Masayoshi Son, amministratore delegato di SoftBank, la banca d’investimento giapponese che detiente il pacchetto azionario di ARM.

Dopo una partenza in sordina tra lo scetticismo generale, la domanda del mercato si è fatta sempre più forte tanto che ARM vorrebbe alzare la forchetta di prezzo originariamente prevista tra 47 e 51 dollari per azione a cui corrisponde una valutazione della società di 54,5 miliardi di dollari.

La società tecnologica inglese, di proprietà della giapponese SoftBank, punta a raccogliere 5 miliardi di dollari in quella che potrebbe essere la più grande offerta pubblica iniziale degli Stati Uniti negli ultimi due anni. La valutazione di 54,5 miliardi della società è lontana dai 60/70 miliardi di cui aveva parlato in un primo tempo SoftBank, anche se corrisponde a quasi il doppio rispetto al prezzo di acquisto di 32 miliardi del 2016.

ARM è una società ben nota a quanti si occupano di processori. L’azienda britannica progetta il “cuore” dei microchip utilizzati in vari dispositivi e sistemi. Il set di istruzioni di ARM descrive come funziona un processore centrale al suo livello più elementare, ad esempio su come deve eseguire operazioni aritmetiche o accedere alla memoria.

Invece di produrre i chip, ARM vende le licenze ad altre società che li producono; in pratica, ARM può essere considerata il dipartimento di ricerca e sviluppo globale dell’intero settore dei microchip.

L’architettura ARM è utilizzata in quasi tutti i processori più avanzati grazie al suo bassissimo consumo energetico che è fondamentale per i dispositivi portatili come smartphone e tablet.

La società fu fondata nel 1990 come joint venture tra Acorn Computers, Apple e VLSI Technology al fine di sviluppare una linea di microprocessori RISC, inizialmente utilizzati nei computer Acorn Archimedes e nei palmari Apple Newton. Dopo l’uscita dalla società di Apple, ARM ha continuato a sviluppare i suoi processori in maniera autonoma concedendo in licenza le sue IP ad un numero crescente di aziende. Con il ritorno di Steve Jobs, anche Apple ha iniziato ad utilizzare la tecnologia ARM per i primi iPod, iPhone e iPad segnando la definitiva consacrazione dell’azienda britannica.

Oggi la tecnologia ARM viene utilizzata in tutti i tipi di dispositivi: tablet, computer, smart TV, case intelligenti, auto elettriche, droni, elettromedicali, persino in oggetti come passaporti elettronici e lampioni. Quasi tutti gli smartphone del mondo, compresi quelli realizzati da Apple, Android e Samsung, utilizzano la tecnologia ARM. Lo stesso vale per il 95% dei chip prodotti in Cina.

Un altro dei motivi del successo di ARM va ricercato nel fatto che la tecnologia dell’azienda inglese, agli occhi dei clienti, non è di proprietà di un concorrente.

Nel 2016, SoftBank – una banca di investimenti giapponese – ha acquistato ARM per 32 miliardi di dollari, pagandola più del valore di borsa di quel periodo.

Dopo quattro anni, forte del crescente successo di ARM dal punto di vista tecnologico ma scontenta dei risultati finanziari (il fatturato è di circa 2,5 miliardi di euro con un utile di 0,5 miliardi), SoftBank ha deciso di vendere l’azienda a NVIDIA per un corrispettivo di 40 miliardi di dollari. L’accordo, fortemente osteggiato dai principali produttori di chip, è fallito a causa dell’opposizione di molti enti nazionali di regolamentazione della concorrenza; l’accordo è stato visto anche come una minaccia all’indipendenza di ARM, poiché NVIDIA è un importante concorrente per molti dei clienti di ARM.

La mancata acquisizione ha rappresentato una grave battuta d’arresto per NVIDIA, che aveva visto l’accordo come un modo per espandere il proprio business nei mercati della telefonia mobile e dei data center.

A questo punto, SoftBank ha deciso di quotare l’azienda mettendo in vendita il 10% circa del pacchetto azionario di ARM, rimandando a future operazioni la dismissione di altre quote.



ARM ha chiesto a quattro grandi banche (Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Barclays e Mizuho Financial Group) di assisterla nel difficile processo di quotazione.

A fronte di una posizione dominante di mercato, infatti, esistono una serie di forti perplessità sulla capacità di ARM di sviluppare il proprio business futuro e di generare un ritorno finanziario all’altezza del valore della società espresso dal prezzo dell’IPO.

Per superare queste perplessità, l’azienda ha messo recentemente a punto una radicale revisione delle modalità di cessione delle proprie royalties, che in futuro dovrebbero essere pagate in parte anche dai produttori dei dispositivi finali (PC, smartphone, ecc.) che utilizzano i microchip con tecnologia ARM. Questa strategia ha già incontrato l’opposizione  sia dei produttori di chip che delle aziende che fabbricano dispositivi finali, ma se dovesse prendere piede migliorerebbero in modo significativo le performance finanziarie di ARM.

Sull’altro piatto della bilancia, c’è la sempre maggiore diffusione delle alternative open source, in primis RISC-V, adottato ormai da moltissime aziende, da quelle più piccole ai player globali.

C’è anche una forte preoccupazione per il mercato cinese che rappresenta per ARM il 25% delle entrate. In Cina le royalties vengono gestire da ARM China, un’entità indipendente con una scarsa trasparenza sulla compagine azionaria e una storia di ritardi nei pagamenti. Sull’attività cinese di ARM pende anche la spada di Damocle del governo di Pechino che è impegnato nel promuovere l’autosufficienza della propria industria nazionale dei semiconduttori e che potrebbe limitare l’accesso di ARM al mercato locale.

Con l’avvicinarsi della data dell’IPO, tutte queste preoccupazioni si sono affievolite, grazie anche alla disponibilità delle principali aziende del settore di entrare a fare parte dell’azionariato di ARM acquistando pacchetti azionari più o meno consistenti.

L’ultimo annuncio del genere è arrivato da TSMC che avrebbe dichiarato di essere disposta ad acquistare un pacchetto azionario del valore di 100 milioni di dollari.

In precedenza, Apple, Google, Nvidia, Samsung, AMD, Intel, Cadence, Synopsys e Samsung avevano espresso interesse ad acquistare azioni dell’azienda inglese.

Anche il recente accordo tra Apple e ARM che estende fino al 2040 la partnership tecnologica e commerciale tra le due società ha avuto il suo peso, fugando i timori che il cambiamento nella struttura azionaria di ARM potesse spingere alcuni dei suoi clienti a cercare alternative tecnologiche.

Siamo così giunto al giorno fatidico dell’IPO, con indiscrezioni secondo le quali  la richiesta avrebbe superato di 10 volte le azioni messe in vendita, assicurando, come minimo, che verrà toccato il valore più alto della forchetta di prezzo stabilita per l’IPO.

Domani, giovedì 14 settembre, scopriremo le reazioni del mercato.