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Aumenta il fatturato ma calano gli utili, un 2020 in chiaroscuro per Intel

Sulla spinta dalla crescente domanda di PC alimentata da milioni di persone costrette a lavorare da casa per effetto della pandemia, nel 2020 Intel ha registrato vendite record per 77,9 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 72 miliardi del 2019 e superiori ai 75,4 miliardi di dollari previsti dagli analisti.

Tuttavia, l’aumento della concorrenza ha ridotto i margini di profitto, con l’utile netto che è sceso a 20,9 miliardi rispetto ai 21,1 dell’anno precedente.

È questo il quadro che emerge dai dati di bilancio rilasciati ieri, relativi all’ultimo trimestre del 2020 e all’intero anno appena terminato.

Il quadro di una società in grado di generare ancora utili importanti ma con molte incognite per il futuro, legate soprattutto alla capacità di Intel di riconquistare quella leadership tecnologica e produttiva di cui è stata protagonista indiscussa fino a qualche anno fa e che ha consentito alla società di Santa Clara di guidare la classifica dei più importanti produttori di semiconduttori al mondo.

Perso il treno del mobile, la leadership nel campo dei processori per PC è stata messa in discussione dai prodotti di AMD e, più recentemente, da Apple con i suoi Silicon M1. Nei data center, NVIDIA è sempre più presente ed è riuscita a strappare a Intel lo scettro della società a maggior capitalizzazione di borsa.

Dal punto di vista produttivo, TSMC ha surclassato Intel. La foundry taiwanese avvierà quest’anno le linee con nodo di processo a 3 nm mentre Intel ha appena risolto i problemi dei suoi impianti che producono processori con tecnologia a 7 nm.

Per dare una svolta a questa deriva, Intel ha recentemente destituito Bob Swan dal suo ruolo di CEO, richiamando il veterano Pat Gelsinger che entrerà in carica il prossimo 15 febbraio.

Tornando ai numeri, nel quarto trimestre il fatturato di Intel ha raggiunto i 20 miliardi di dollari, superando le previsioni di ottobre di ben 2,6 miliardi ma in calo dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Fonte: Intel Corporation.

Nel 2020 la società ha generato 21,1 miliardi di free cash flow restituendo agli azionisti 19,8 miliardi (14,2 miliardi per il riacquisto di 274,6 milioni di azioni proprie).

Per quanto riguarda le aree di business più importanti, crescono dell’11% a quota 26,1 miliardi le attività legate ai Data Center (DCG, Data Center Group) e dell’8% quelle relative alla vendita di processori (CCG, Client Computing Group); crescono anche le attività legate alla guida assistita e autonoma (Mobileye, +10%) e quella delle memorie non volatili (NSG, Non-volatile Memory Solutions Group +23%). In calo le attività legate all’IoT (-23%) e quelle delle memorie FPGA, ex-Altera (PSG, Programmable Solution Group, -7%).

Fonte: Intel Corporation.

Per quanto riguarda le previsioni per il primo trimestre 2021, la società si aspetta ricavi complessivi per 18,6 miliardi di dollari e un EPS di 1,03 dollari.

I dati di bilancio dovevano essere diffusi a mercati chiusi ma l’infografica con i dati riassuntivi è comparsa online mezz’ora prima della chiusura della borsa, provocando un’impennata delle quotazioni del 6,46%: una reazione quasi istintiva che ha alzato tutti gli indici tecnologici di Wall Street ma che si è sgonfiata nel dopoborsa quando il titolo è tornato sui valori medi di giornata (59,5 dollari circa).

Quello diffuso da Intel è un bilancio che, tutto sommato, soddisfa gli azionisti ma che lascia inalterati i dubbi sul futuro della società.

I mercati aspettano con interesse le prime mosse del nuovo CEO Pat Gelsinger, che molto probabilmente spingerà da subito per l’esternalizzazione di un maggior numero di prodotti Intel, compresi i processori più avanzati.

Sicuramente Intel si appoggerà su TSMC che già produce alcuni suoi chip. TSMC sta costruendo un nuovo impianto produttivo in Texas per chip a 5 nm che potrà essere utilizzato per rafforzare questa partnership e che dovrebbe attenuare la forte pressione sulle fonderie globali le cui linee produttive sono sature.

Il vero problema è proprio questo: per avviare la produzione di processori avanzati è necessaria una programmazione di molti mesi, se non di anni.

È forse questa la ragione per cui, la notizia è di queste ore, è stato richiamato Glenn Hinton, in pensione ormai da tre anni, uno dei più famosi progettisti di Intel che ha legato il suo nome allo sviluppo dell’innovativa architettura Nehalem.

Glenn Hinton. (Fonte: Linkedin)

Hinton ha confermato sui social il suo ritorno in Intel precisando che lavorerà sulle nuove architetture CPU ad alte prestazioni, laddove ha fallito Jim Keller, dimissionario lo scorso giugno.