giovedì, Novembre 21, 2024
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Anche Giappone e Olanda si uniscono agli Stati Uniti per bloccare lo sviluppo dell’industria cinese dei semiconduttori

Secondo Bloomberg News, il Giappone e i Paesi Bassi hanno concordato di bloccare le vendite alla Cina di impianti per la produzione di chip avanzati, una decisione che potrebbe essere fatale per le ambizioni tecnologiche di Pechino in questo settore.

Dopo settimane di incontri tra i rappresentati politici dei governi e delle aziende interessate, sembra che gli Stati Uniti siano riusciti a convincere i paesi alleati, in particolare Giappone e Olanda, ad unirsi al blocco delle forniture alla Cina di impianti per la fabbricazione di chip avanzati.

L’alto funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti Tarun Chhabra e il sottosegretario al commercio per l’industria e la sicurezza Alan Estevez hanno visitato i Paesi Bassi alla fine di novembre per discutere dei controlli sulle esportazioni, mentre il segretario al commercio Gina Raimondo ha parlato degli stessi problemi con il capo del METI Yasutoshi Nishimura in teleconferenza la scorsa settimana.

In Olanda ha sede ASML, la più avanzata azienda al mondo di macchine per litografia, l’unica in grado di produrre gli scanner utilizzati per la produzione di chip con nodo di processo a 7, 5 e 3 nm, e presto ancora più piccoli, 2 e 1 nm, grazie alla tecnologia High-NA EUV. Oltre ai sistemi EUV, la cui vendita alla Cina era già stata bloccata anni fa, ASML produce macchine DUV sempre più performanti, adatte alla produzione in volumi di semiconduttori con nodo di processo a 10 nm e superiore, di cui le aziende cinesi stanno facendo incetta. L’amministrazione statunitense vorrebbe bloccare anche questi sistemi, ponendo il limite a 14 nm come discriminante per tutti gli impianti. Anche in Giappone operano numerose aziende che producono impianti avanzati per la fabbricazione di semiconduttori, da Tokyo Electron a Nikon, da Shin-Etsu a Canon. Un ecosistema paragonabile a quello degli Stati Uniti dove sono tre le principali aziende che producono macchinari per la fabbricazione di chip: Applied Materials, Lam Research e KLA.

Secondo Bloomberg è probabile che i due paesi annunceranno nelle prossime settimane la decisione di aderire a gran parte delle pesanti limitazioni che gli Stati Uniti hanno deciso ad ottobre nei confronti della Cina. Queste restrizioni sono motivate con la duplice natura civile e militare di molte aziende cinesi del settore.

In realtà, tutti sanno che il vero scopo è quello di impedire alla Cina di raggiungere una posizione egemone in un altro settore di vitale importanza per l’economia globale, utilizzando politiche di dumping e furti di IP, come è già successo in passato, ad esempio nel comparto dei pannelli fotovoltaici.

Il coinvolgimento anche dei produttori di attrezzature e impianti non statunitensi era considerato dagli analisti indispensabile per il successo delle sanzioni. Se le indiscrezioni di Bloomberg verranno confermate, è opinione comune che le ambizioni cinese in questo settore subiranno un colpo mortale, così come è successo a Huawei dopo le sanzioni americane del 2018.

Nel suo articolo, Bloomberg riporta il giudizio tranchant di Stacy Rasgon, analista di Sanford C. Bernstein: “Non c’è modo che la Cina possa costruire da sola un’industria all’avanguardia. Nessuna possibilità“.

Al momento, la reazione della Cina si è limitata ad un’azione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) contro gli Stati Uniti.

La Cina intraprende azioni legali nel quadro del WTO per affrontare le nostre preoccupazioni e difendere i nostri interessi legittimi“, ha affermato in una dichiarazione il ministero del Commercio cinese aggiungendo che le limitazioni statunitensi “minacciavano la stabilità delle catene di approvvigionamento industriali globali“.