venerdì, Novembre 22, 2024
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Prosegue la caccia della Cina agli ingegneri specializzati nella produzione di semiconduttori

Le autorità cinesi stanno utilizzando tutte le risorse possibili per convincere gli esperti nella produzione di semiconduttori di Taiwan, Corea del Sud e Giappone a trasferirsi in Cina per contribuire allo sviluppo di una forte industria nazionale dei chip.

Questa sorta di “bracconaggio” – come lo chiamano le autorità di Corea, Taiwan e Giappone – da parte della Cina, arriva in un momento in cui la carenza di ingegneri sta frenando i piani di sviluppo dei colossi coreani e taiwanesi.

Per fare fronte alla crescente domanda di semiconduttori, TSMC, Samsung e altre importanti aziende di questi paesi, stanno costruendo nuove fabbriche e ampliando quelle esistenti. Per costruire, avviare e fare funzionare i nuovi impianti, oltre agli ingenti investimenti, sono necessari migliaia di tecnici e ingegneri che le università locali fanno fatica a formare, come abbiamo visto in un precedente articolo. A questo problema di fondo, si aggiunge ora l’attività della Cina che cerca di accaparrarsi gli esperti di cui ha bisogno per mettere in pratica l’ambizioso piano finalizzato a raggiungere l’autosufficienza nella produzione di semiconduttori o, in subordine, alla creazione di una forte industria nazionale. La crescita di questo comparto industriale è uno dei pilastri dell’ultimo piano quinquennale varato alla fine del 2020.

La Cina ha una forte carenza di personale specializzato nella produzione di semiconduttori, sia per lo scarso livello delle sue università in questo settore, che per il numero insufficiente di ingegneri che le scuole del paese riescono a sfornare.

La costruzione di semiconduttori, specie di quelli più avanzati, rappresenta un’attività di enorme complessità che richiede, oltre a un significativo impegno finanziario, anche personale di grande esperienza, che attualmente manca all’industria cinese e che richiede molti anni per essere formato.

Per questo motivo le autorità cinesi stanno tentando in tutti i modi, leciti e meno leciti, di convincere i tecnici e gli ingegneri che lavorano nelle aziende di semiconduttori di Taiwan, Corea e Giappone a venire a lavorare in Cina.

Spesso il “bracconaggio” di cervelli presenta un risvolto ancor più grave, ovvero il contemporaneo trasferimento di piccoli e grandi segreti industriali che talvolta costituisce un furto vero e proprio di proprietà intellettuale.

Anche per questo motivo alcune società americane, giapponesi e taiwanese hanno deciso di bloccare l’apertura in Cina di attività di ricerca e sviluppo, limitando la presenta a una mera attività commerciale.

Da questo punto di vista, uno dei casi più eclatanti è quello di Micron, che ha deciso di chiudere il proprio centro di R&D di Shanghai dopo ripetute fughe di informazioni riservate.

Per difendere il proprio patrimonio umano dalle lusinghe cinesi, le aziende coreane, taiwanesi e giapponesi stanno aumentando sia le remunerazioni dirette che il numero e il tipo di benefit a favore dei propri dipendenti.

Samsung, ad esempio, ha aumentato del 26% le remunerazioni dei suoi 100 mila dipendenti negli ultimi 5 anni. Attualmente il compenso medio annuo è di 127 milioni di won (circa 106.000 dollari).

Alla fine dell’anno scorso i dipendenti che lavorano nel settore delle memorie hanno ricevuto un bonus speciale pari a tre mesi di stipendio per i risultati conseguito da questa divisione, dopo aver ricevuto una tredicesima raddoppiata e un ulteriore bonus generalizzato pari a sei mesi di stipendio per i risultati ottenuti dalla società nel suo complesso.

A ciò vanno aggiunti numerosi altri benefit, il più importante dei quali è rappresentato dalla copertura da parte dell’azienda di tutte le spese scolastiche dei figli dei dipendenti; ci sono poi gli asili aziendali, il servizio mensa gratuito per tutti e tanto altro ancora.

Per non essere da meno, SK Hynix, l’altro colosso coreano delle memorie, ha distribuito a gennaio un bonus a tutti i dipendenti del valore di 11 mesi di stipendio.



La leva economica verrà utilizzata anche dal governo coreano che sovvenzionerà al 30% un bonus speciale che le aziende offrono ai lavoratori altamente qualificati per non trasferirsi all’estero.

Nonostante tutte queste iniziative, negli ultimi 5 anni il numero di defezioni e casi di spionaggio si è moltiplicato.

Si calcola che attualmente presso SMIC, il principale produttore cinese di semiconduttori, lavorino un centinaio di ingegneri sudcoreani.

Per questo motivo, recentemente la Corea del Sud ha deciso di creare un database degli ingegneri del settore, per monitorare i loro viaggi dentro e fuori il paese. La misura fa parte di un piano quinquennale per proteggere le proprietà intellettuali del paese, messo a punto da una serie di agenzie governative, tra cui i ministeri dell’industria e della giustizia, l’ufficio coreano per la proprietà intellettuale e il servizio di intelligence nazionale.

Il piano prevede la creazione di elenchi di persone con conoscenze di alto livello nelle 12 tecnologie in cui l’industria della Corea del Sud eccelle, dai semiconduttori alle batterie, dagli OLED alla costruzione navale.

Il governo seguirà l’andirivieni delle persone di queste liste, una mossa che ha lo scopo di dissuadere gli ingegneri a trasferirsi all’estero e che vuole stroncare il passaggio illegale di informazioni sensibili.



Nel 2020 sono state 112 le persone che sono state indagate per aver violato la legge sulla proprietà intellettuale.

È previsto anche un inasprimento delle pene, che potranno raggiungere i tre anni di reclusione nel caso di spionaggio industriale, attività sanzionata attualmente con una semplice multa.

Anche il governo di Taiwan è fortemente preoccupato dalle attività di spionaggio economico e di “bracconaggio” di talenti da parte della Cina.

La settimana scorsa l’esecutivo ha proposto una nuova legge che prevede fino a 12 anni di reclusione per i casi di spionaggio industriale. Le autorità di Taipei considerano la tecnologia avanzata nel campo dei semiconduttori vitale per la sicurezza di Taiwan, una sorta di scudo protettivo, come sostiene Morris Chang, fondatore di TSMC, in grado di difendere l’isola dalle “forze nemiche straniere”.

Il governo ha anche proposto di inasprire le leggi per impedire alle aziende cinesi di depredare illegalmente il patrimonio di talenti taiwanesi tramite società costituite in paesi terzi.