Alla luce delle previsioni ottimistiche di neppure un anno fa, e dopo la diffusione degli ultimi dati finanziari, viene da chiedersi come sia stato possibile un calo così repentino del business delle due aziende.
Non più tardi di un anno fa, Jochen Hanebeck, CEO e Presidente della multinazionale tedesca Infineon Technologies, prevedeva di realizzare nel 2024 un fatturato di 17 miliardi di euro. In realtà – i dati sono arrivati l’altro ieri – il fatturato dell’anno fiscale 2024 non solo non è cresciuto, ma è sceso a 14,955 miliardi (- 8% rispetto al 2023) e le prospettive per il 2025 sono di un ulteriore calo delle vendite.
Ma Jochen Hanebeck è in buona compagnia, qualcuno ha fatto decisamente peggio di lui.
“Per il 2024 guideremo la società in base a un piano di ricavi compreso tra 15,9 e 16,9 miliardi di dollari. Nell’ambito di questo piano, ci aspettiamo un margine lordo compreso tra il 40 e il 46%” dichiarava all’inizio dell’anno Jean-Marc Chéry, Presidente e CEO della multinazionale italo-francese STMicroelectronics.
Non pago di queste indicazioni, Jean-Marc Chéry precisava che il previsto calo delle vendite nel Q1 2024 “è da attribuire principalmente ad una correzione delle scorte dei clienti industriali, che continuerà per tutto il primo semestre dell’anno. Nella seconda parte del 2024, la situazione è destinata a tornare alla normalità con una forte ripresa della domanda. Per quanto riguarda il mercato automotive, la crescita continuerà anche nel 2024 grazie al solido backlog di ST”.
Dati alla mano, il 2024 si concluderà con un fatturato di 13,2 miliardi di dollari, in calo del 24% rispetto al 2023, mentre nel Q3 2024, l’ultimo trimestre disponibile, il comparto industriale che doveva riprendersi nella seconda parte dell’anno è crollato del 50% YoY e l’automotive che doveva continuare a crescere grazie al “solido backlog” è sceso del 18%.
E anche per l’anno 2025, che doveva spianare la strada verso il traguardo dei 20 miliardi di fatturato, probabilmente si verificherà un ulteriore calo delle vendite rispetto al 2024.
Le previsioni di STMicroelectronics sono state giudicate così poco affidabili che negli Stati Uniti lo studio legale Robbins Geller Rudman & Dowd ha intentato nei confronti di ST una class action in quanto “ST non aveva una visibilità adeguata per generare le indicazioni che presentava, non ha analizzato in modo appropriato le indicazioni che aveva, oppure non era semplicemente attrezzata per gestire le sfide”.
Eh sì, perché chi ne ha fatto le spese, al momento, sono gli investitori, piccoli e grandi delle due aziende. Da inizio anno, infatti, le azioni di Infineon sono scese alla borsa di Francoforte del 20% circa mentre quelle di STMicroelectronics hanno perso quasi la metà del loro valore con un calo alla borsa di Milano di circa il 45%.
La speranza di tutti è che le conseguenze si fermino qui e non coinvolgano, come spesso accade in questi casi, anche i lavoratori. Degli oltre 50 mila dipendenti di STMicroelectronics in tutto il mondo, ben 13 mila lavorano infatti nel nostro paese, prevalentemente nei due poli produttivi di Agrate Brianza e Catania.
Purtroppo, un primo segnale preoccupante è già arrivato da Infineon che in occasione della presentazione del Q3 2024 ha annunciato che taglierà 1.400 posti di lavoro in tutto il mondo e ne trasferirà altri 1.400 in paesi con costi del lavoro più bassi, nell’ambito del programma di risparmio sui costi denominato “Step Up”. L’azienda ha dichiarato che i tagli riguarderanno anche diverse centinaia di posizioni negli stabilimenti tedeschi dell’azienda.
Un programma simile – anche se al momento non si parla di taglio di posti di lavoro – è stato annunciato da Jean-Marc Chéry durante la presentazione agli analisti dei risultati del Q3 2024. “Nel breve e medio termine, stiamo adattando i nostri piani operativi a questa situazione e stiamo lanciando il nostro programma di riorganizzazione e ridimensionamento aziendale, continuando a investire nell’innovazione e nelle nostre iniziative strategiche di produzione.
Nel medio e lungo termine, continuiamo a essere convinti che ciò costituirà la base per le nostre ambizioni di crescita sostenibile e per fornire valore ai nostri stakeholder”. La speranza è che l’annuncio di un taglio dei costi sostenga la quotazione del titolo, dal momento che sia ST che Infineon non sono mai state particolarmente generose con i propri azionisti i quali, da sempre, hanno tratto profitto quasi esclusivamente da un incremento del valore di borsa delle azioni.
Purtroppo, anche su questo fronte, abbiamo assistito ad un raffreddamento del consenso dei principali analisti che seguono il titolo; il giudizio più negativo su ST è arrivato pochi giorni fa da Morgan Stanley che ha abbassato il rating sul titolo a SELL, rivedendo anche il prezzo obiettivo a 20 euro dai precedenti 35 (attualmente il titolo vale circa 25 euro).
Per quanto riguarda l’annunciato “ridimensionamento aziendale”, ne sapremo di più in occasione del Capital Markets Day che si terrà il 20 novembre a Parigi.
Sul fronte degli investimenti, importantissimi per riuscire a tenere testa ad una agguerrita concorrenza che si fa sempre più numerosa, le difficoltà di mercato potrebbero significare un rallentamento delle spese in conto capitale con un ridimensionamento dei progetti annunciati di recente sulla scia del buon andamento del business negli anni 2021-2023.
Jean-Marc Chéry ha annunciato un nuovo programma aziendale per rimodellare l’impronta produttiva che prevede un’accelerazione della transizione delle fabbriche di wafer da 300 millimetri di Agrate e Crolles; in particolare i piani per Agrate prevedono una produzione di 4.000 wafer alla settimana entro il 2026. Verrà resa più celere anche la transizione di Catania verso la produzione dei wafer SiC da 200 millimetri. Al momento nulla si sa del progetto di un impianto comune con Globalfoundries in Francia nè degli investimenti in Cina.
In presenza di un calo delle vendite e dei profitti, i primi a saltare sono proprio i piani per il futuro. In Europa è successo recentemente a Intel che ha rimandato di due anni (o più) il progetto delle fabbriche di Magdeburgo, in Germania, e di Wrocław, in Polonia, e a Wolfspeed che ha annullato il progetto tedesco di Ensdorf.
Anche per quanto riguarda gli investimenti futuri e quelli già annunciati, scopriremo maggiori dettagli in occasione dell’atteso Capital Markets Day.
Sul fronte occupazionale, i tagli di personale non sono certo una novità per le aziende del settore tecnologico che spesso ricorrono a questa soluzione per ridurre i costi durante i momenti di crisi o semplicemente per incrementare i profitti.
Lo sta facendo Intel, che sta tagliando più di 17.500 posti di lavoro pari al 15% della propria forza lavoro; lo sta facendo Samsung, e lo farà anche AMD secondo alcune recentissime indiscrezioni.
Nel nostro paese, si sta muovendo su questa strada LFoundry, l’unica azienda, oltre a STMicroelectronics, a produrre semiconduttori in Italia.
Controllata al 100% dalla cinese di SPARC, LFoundry intende licenziare almeno cento dipendenti su un totale di 1300 al fine di “rendere competitivo” il sito di Avezzano (AQ), dopo un calo di vendite e commesse.
Più in generale, a complicare la situazione è arrivata l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe rendere ancora più incerto il futuro dell’industria globale, europea e nazionale dei semiconduttori.