Sulla scia delle discrete trimestrali e delle prospettive di un calo dell’inflazione e del costo del denaro, le quotazioni delle azioni dei semiconduttori sono nuovamente in rally, guadagnando questa settimana il +10% e portando al +15% l’incremento dall’inizio del mese.
Ormai ci stiamo avvicinando rapidamente ai massimi dell’anno, con l’indice del settore, il PHLX Philadelphia Index, che ha chiuso venerdì sera a quota 3,748.65 punti, non lontano dai massimi di agosto (3,856,00) e da quelli assoluti di fine 2022 (quasi 4 mila punti).
Da inizio mese, e con una forte accelerata nell’ultima settimana, le quotazioni di quasi tutti i titoli del settore sono schizzati all’insù. In Europa, i tre principali player del settore non sono stati alla finestra: da inizio mese, Infineon ha guadagnato il 22,51%, NXP il 16,53% e STMicroelectronics il 16,51%. In settimana Infineon ha presentato i dati trimestrali e quelli dell’intero anno fiscale 2023 che si è chiuso con vendite record (+14,7%); la società si è dichiarata ottimista sia per il 2024 che per gli anni a venire, dichiarando di voler raggiungere un fatturato di 30 miliardi di euro entro il 2030 (dagli attuali 16,3 miliardi).
Per la verità, Infineon e le altre aziende che operano prevalentemente nei settori automobilistico e industriale (NXP, ST, Renesas, ADI, ecc.) non hanno risentito del calo della domanda di semiconduttori dell’ultimo anno che ha colpito prevalentemente i produttori di processori per PC e smartphone e i produttori di chip di memoria.
Le ragioni del calo della domanda di semiconduttori
Dopo l’”abbuffata” del periodo Covid, c’è stato un fortissimo calo delle richieste di prodotti consumer di massa (PC, smartphone, ecc), favorito anche dal forte aumento dell’inflazione che ha colpito l’Occidente.
Ne hanno fatto le spese soprattutto i produttori di processori e di memorie che hanno visto le richieste calare bruscamente così come i prezzi.
C’è voluto più di un anno per portare in equilibrio le scorte di magazzino e per rivedere all’orizzonte un lieve incremento della domanda.
E quelle della ripresa
Ora, con la stessa brutalità con cui erano saliti inflazione e tassi di interesse (ed erano crollati i consumi), nel giro di un paio di mesi l’inflazione sembra essere tornata sotto controllo e le speranze di un rapido calo degli interessi si fanno sempre più consistenti.
Per l’industria elettronica, i bassi tassi di interesse sono fondamentali per due motivi. Da un lato, gli impianti si fanno sempre più complessi e il loro costo lievita a dismisura. Un basso costo del denaro è quindi fondamentale per continuare ad innovare. In secondo luogo, bassi tassi di interesse favoriscono i consumi e quindi la richiesta di beni e prodotti dove, ormai, i semiconduttori sono sempre più presenti.
Il recente calo dell’inflazione e la speranza di un costo del denaro più basso hanno favorito anche i titoli che erano stati fortemente penalizzati nell’ultimo anno: da inizio mese, Intel ha guadagnato il 15,1% così come Micron (+15,18%).
Si sono mossi con meno vigore i titoli delle fonderie e dei fabbricanti di apparecchiature per la produzione di chip che, in una fase di mercato di questo tipo, sono tradizionalmente gli ultimi a beneficiare di un incremento della domanda. Così, da inizio mese, TSMC ha guadagnato “solo” il 9,65%, ASML l’11,1% e la nostra Technoprobe “appena” il 9,41%.
La domanda riprenderà con forza nel 2024:
Al clima euforico degli ultimi giorni hanno contribuito anche i report di alcune società di ricerche di mercato che concordano sul fatto che la ripresa, seppure in maniera lenta, è già iniziata, e che il 2024 porterà ad un incremento delle vendite dell’ordine del 10÷20%.
In particolare, alcuni giorni fa, IDC ha aggiornato le sue stime di crescita per il mercato dei semiconduttori nel 2024 portando la previsione del fatturato globale a 632,8 miliardi di dollari corrispondente ad un incremento del 20,2% rispetto al 2023.