La più importante industria dei semiconduttori cinese, la foundry Semiconductor Manufacturing International Corp. (SMIC), ha presentato ieri i dati finanziari relativi all’ultimo trimestre 2020, il primo report da quando la società è entrata nel mirino dell’amministrazione statunitense che ha posto dei limiti all’esportazione di tecnologia avanzata verso l’azienda cinese.
Oltre che sul trimestre in questione, gli effetti delle sanzioni americane si sono fatte sentire sulle speranze di SMIC di mettersi al passo con i leader di mercato, in particolare con la taiwanese TSMC e la coreana Samsung Electronics.
Ora SMIC non solo si ritrova a grande distanza dai primi della classe ma deve affrontare anche maggiori oneri per riuscire a fare funzionare i propri impianti, con un calo dei margini e con l’impossibilità di aumentare gli investimenti.
Nel trimestre, infatti, i margini sono calati al 18% contro il 24,2% del precedente periodo e gli investimenti previsti per il 2021 scenderanno a 4,3 miliardi di dollari contro i 5,7 miliardi del 2020.
Le sanzioni hanno colpito soprattutto le linee produttive più avanzate, quelle a 14 nanometri, che hanno rappresentato solo il 5% dei ricavi nell’ultimo trimestre, rispetto al 14,6% del trimestre precedente.
Come si vede nella tabella, le vendite di SMIC nel Q4 FY2020, chiuso al 31 dicembre 2020, hanno raggiunto i 981,1 milioni di dollari contro 1.082,5 milioni del trimestre precedente (in calo del 9,4%) e i 839,4 milioni dello stesso trimestre del 2019.
In calo l’utile netto del periodo che scende da 263,5 a 228,620 milioni, a causa anche della riduzione dei margini.
La tabella successiva riporta alcune importanti informazioni sull’attività di SMIC, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto tecnologico. Come si vede, la maggior parte dei ricavi arriva da nodi di processo maturi, con il processo più avanzato, quello a 14 nm, azzoppato dalle sanzioni americane.
Un’altra importante indicazione arriva dai mercati finali dei chip di SMIC, con le applicazioni automotive che risultano essere marginali.
La carenza di chip per automotive che sta colpendo pesantemente l’industria globale dell’automobile, non sembra dunque dipendere, se non in minima parte, dalle sanzioni americane nei confronti della foundry cinese.
In considerazione dell’attuale situazione geopolitica che limita l’attività di SMIC nei nodi di processo più avanzati, la società sta puntando ad ampliare la propria attività nei processi più maturi.
“Al fine di soddisfare le esigenze dei clienti, la società prevede che quest’anno le spese in conto capitale ammonteranno a 4,3 miliardi di dollari, di cui la maggior parte sarà destinata all’espansione della capacità non FinFET (14 nm). In termini di espansione della capacità, aumenteremo la capacità mensile non FinFET di 10.000 wafer da 12 pollici e non meno di 45.000 wafer da 8 pollici quest’anno.” Hanno dichiarato Haijun Zhao e Liang Mong Song, co-CEO di SMIC.
Per il 2021 SMIC punta ad un aumento del fatturato annuale tra il 5 e il 10%; l’obiettivo del primo semestre è un fatturato di 2,1 miliardi di dollari con un margine lordo compreso nella fascia mediana.
Le probabilità che la nuova amministrazione americana cambi atteggiamento nello scontro tecnologico con la Cina sono decisamente scarse; per il momento il presidente Biden ha confermato le sanzioni di Trump riservandosi di ritornare sul dossier nei prossimi mesi. L’argomento, tuttavia, è uno dei pochi che vede repubblicani e democratici schierati dalla stessa parte, quella più intransigente nei confronti della Cina.
Lo sviluppo di un’avanzata industria dei semiconduttori cinese non è infatti solamente una questione di natura economica, ma investe temi più importanti di natura militare e strategica.
Per questo motivo anche le recenti pressioni di SEMI, l’organizzazione dei produttori di semiconduttori, nei confronti dell’amministrazione Biden per una riduzione delle sanzioni, sembra destinata a non avere seguito.
Negli ultimi due giorni, alla borsa di Hong Kong, il titolo SMIC ha perso complessivamente il 12,5%.