L’azienda di Cupertino aveva precedentemente pianificato di utilizzare le memorie cinesi in alcuni iPhone, ma la possibilità che le sanzioni americane possano rallentare la produzione e le proteste di alcuni politici americani hanno convinto Apple a rinunciare ai chip di memoria made in Cina.
Apple ha sospeso i piani per utilizzare i chip di memoria della cinese Yangtze Memory Technologies Co. (YMTC) nei suoi prodotti. Lo riferiscono fonti del quotidiano giapponese Nikkei Asia; la notizia, tuttavia, non ha ancora trovato una conferma ufficiale.
Apple aveva già completato il processo di certificazione delle memorie flash NAND 3D a 128 strati di YMTC ed era pronta ad utilizzare questi componenti nella produzione dei nuovi modelli di iPhone. Le nuove sanzioni americane nei confronti dell’industria dei chip cinese, con l’inserimento di YMTC nell’elenco “unable to inspect”, aziende che i funzionari statunitensi non hanno potuto ispezionare e che prelude al loro inserimento, entro 60 giorni, nella “entity list”, le società verso le quali è vietata l’esportazione, diretta o indiretta, di prodotti e tecnologie americane, mette in dubbio la capacità dell’azienda cinese di poter continuare a produrre chip avanzati come quelli che avrebbe dovuto fornire ad Apple. La decisione è anche da mettere in relazione con le proteste di alcuni deputati e senatori statunitensi nei confronti del produttore di iPhone.
YMTC è l’unica azienda cinese che è riuscita ad emergere in un mercato, quello delle memorie, dominato da pochi colossi globali, Samsung, SK Hynix, Micron e Xioxia.
La società aveva recentemente annunciato ulteriori progressi della sua tecnologia Xtacking 3.0 con la presentazione dei primi campioni di NAND 3D di quarta generazione a 232 layer.
Se la decisone di Apple sarà confermata, si materializzeranno le previsioni più fosche che pronosticavano lo strangolamento dell’industria cinese dei chip, un settore tecnologico da cui dipendono intere filiere industriali e lo sviluppo dei supercomputer e delle applicazioni di intelligenza artificiale.
Questa volta le sanzioni americane prendono di mira tutti gli aspetti della produzione di chip, dalla progettazione alla fabbricazione, dalle attrezzature alle persone, in una morsa che non sembra lasciare scampo all’industria cinese.
La scelta di Apple era stata dettata dal minore costo delle memorie YMTC, circa il 20% in meno rispetto alle NAND sudcoreane e americane.
Tenendo presente che YMTC è finanziata direttamente o indirettamente dal governo cinese, c’è sempre il sospetto che dietro ai prezzi concorrenziali ci sia una politica di dumping, tesa a conquistare il mercato e distruggere la concorrenza. Una strategia economica nella quale i cinesi sono maestri, con esempi eclatanti come quello dei pannelli fotovoltaici.
Questa volta, però, la politica americana ha giocato d’anticipo, negando l’accesso alla propria tecnologia (ancora indispensabile in questo settore) all’industria cinese dei chip che potrebbe presto, come ha detto qualcuno, tornare “all’età della pietra”.